Venticinque anni fa, venerdì 5 settembre 1997, Madre Teresa, la suora dei più poveri tra i poveri, moriva a Calcutta circondata dall’affetto delle “sue” Missionarie della Carità, le religiose della congregazione da lei fondata nel 1950. Premio Nobel per la Pace nel 1979, beatificata il 19 ottobre 2003 da Giovanni Paolo II, al quale era unita da affetto e stima fraterna, canonizzata da Papa Francesco il 4 settembre 2016 durante il Giubileo della Misericordia, la Madre, come tutt’ora la chiamano le sue suore, si è chinata su tutte le sofferenze dell’uomo condividendo la quotidianità di ogni povero che incontrava, facendosi ultima tra gli ultimi. Oggi, giorno in cui la Chiesa celebra Santa Teresa di Calcutta, in tutto il mondo sono state organizzate liturgie anticipate nei giorni scorsi da una novena alla “piccola matita di Dio”, come amava definirsi. “Sono come una piccola matita nelle Sue mani, nient’altro – diceva spesso -. È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita non ha nulla a che fare con tutto questo. La matita deve solo poter essere usata”.
Questa sera alle 19 sarà celebrata una Messa anche nella chiesa di San Gregorio al Celio, a Roma, accanto alla quale sorge una delle case romane delle Missionarie della Carità, la seconda aperta dalla stessa Madre Teresa nella Capitale e nella quale soggiornava almeno due volte l’anno. La prima casa della congregazione in Europa, inaugurata nel 1970, si trova a Tor Fiscale, precisamente a vicolo Torre del Fiscale 73. È bassa, intonacata di bianco e circondata da un pergolato di vite. La Madre dei poveri e le suore la costruirono con le proprie mani e le religiose vi soggiornarono fino al 1973. Ora è la sede dei Padri Missionari della Carità, comunità religiosa fondata dalla Santa nel 1984. Qui è ancora conservata la stanza dove alloggiava Madre Teresa durante le sue visite a Roma. Una stanza piccola dove c’è l’essenziale, il letto, la scrivania, la sedia, il crocifisso e altre preziose reliquie. Una stanza del tutto simile si trova nella casa a San Gregorio al Celio, a due passi dal Circo Massimo, dove le suore con i sari bianchi bordati da tre strisce blu – che stanno a simboleggiare i voti dell’ordine: povertà obbedienza e servizio ai poveri – accolgono e accudiscono i senza fissa dimora. “Il nostro carisma è servire i più poveri tra i poveri” spiegano con disarmante semplicità, restie a farsi intervistare, preferendo di gran lunga svolgere la propria missione nel nascondimento. Nei giorni scorsi, durante la novena, hanno pregato “affinché la Madre assista e aiuti tutte le Missionarie a vivere questo carisma e apostolato come Gesù ha chiesto a lei di fare. Chiediamo che vegli su di noi e interceda affinché per le strade del mondo possiamo essere il riflesso di ciò che lei ha fatto e vissuto. È lo Spirito che fa la differenza, noi seguiamo il suo esempio per arrivare a Gesù”.
A Roma le “sisters” sono una settantina suddivise in varie comunità dal centro alla periferia, fin oltre il Grande raccordo anulare. Accudiscono disabili, ragazze madri, senza dimora, chiunque necessita di aiuto. Oltre al Celio gestiscono case di accoglienza a Tor Bella Monaca, a Primavalle e in Vaticano dove c’è “Dono di Maria”, la struttura in piazza del Sant’Uffizio donata a Madre Teresa da Giovanni Paolo II. In via Casilina, invece, sono ospitate le suore in formazione e infine a Dragoncello c’è il ramo contemplativo della congregazione.
Il servizio delle Missionarie della Carità non è “circoscritto” alle case di accoglienza. “È importante uscire e andare verso il prossimo, verso il povero che si trova agli angoli delle strade di ogni città del mondo – dicono -. Come Gesù, con l’Incarnazione, è venuto da noi così è nostro compito andare verso l’altro. Anche questo è un riflesso dell’amore di Dio”.
La giornata di una Missionaria è “un intreccio tra preghiera e servizio – proseguono le religiose -. Si inizia al mattino presto con la preghiera e poi si va a servire. Si torna quindi a pregare per essere l’amore e la compassione di Dio attraverso il servizio”. Anche in questo le “sisters” portano avanti gli insegnamenti della Madre che, come racconta chi l’ha conosciuta “passava in pochi istanti dalla contemplazione all’azione”.
Nelle case delle Missionarie della Carità c’è una piccola cappella con un crocifisso con accanto la scritta “I thirst”, “Ho sete”, le parole di Gesù sul calvario, le stesse che Agnes Gonxha Bojaxhiu, questo il nome alla nascita di Madre Teresa, sentì nel suo cuore il 10 settembre 1946.
“È dalla preghiera che si trae la forza
– sottolineano le religiose -. Solo rimanendo inginocchiati davanti a Gesù si può attingere l’amore da testimoniare con il servizio al prossimo, proprio come ha fatto Madre Teresa. Un amore che si abbassa, che serve l’altro, che può trasformare le persone, perché non è possibile rimanere indifferenti davanti all’amore”.