Vangelo del 10 luglio: la “compassione”, caratteristica essenziale della misericordia di Dio

Il samaritano si comporta come Gesù: fascia le ferite di quell’uomo, lo trasporta in un albergo, se ne prende cura personalmente e provvede alla sua assistenza. Tutto questo ci insegna che la compassione, l’amore, non è un sentimento vago, ma significa prendersi cura dell’altro fino a pagare di persona. Significa compromettersi compiendo tutti i passi necessari per “avvicinarsi” all’altro fino a immedesimarsi con lui: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”

Foto Calvarese/SIR

Il brano evangelico di questa domenica ci mette in guardia dal pensare che la misericordia sia solo un sentimento, un’emozione che ci coinvolge. Certamente essa è originata da un sentimento, ma deve poi tradursi in un’azione, in un comportamento, in un fare misericordia. La compassione cristiana consiste essenzialmente nella condivisione reale e coinvolta delle avversità altrui, ovvero nella solidarietà più totale verso il prossimo.

Al centro della parabola di oggi c’è il samaritano, cioè proprio quello disprezzato, quello sul quale nessuno avrebbe scommesso nulla, e che comunque aveva anche lui i suoi impegni e le sue cose da fare, quando vide l’uomo ferito, non passò oltre come gli altri due, ma “ne ebbe compassione”. Gli altri due “videro”, ma i loro cuori rimasero completamente indifferenti. Invece il cuore del samaritano provò pietà.

La “compassione” è una caratteristica essenziale della misericordia di Dio.

Dio ha compassione di noi. Compassione significa “partire con”. Il verbo indica che le viscere si muovono e fremono alla vista del male dell’uomo. E nei gesti e nelle azioni del buon samaritano riconosciamo l’agire misericordioso di Dio. Quella del samaritano è la stessa compassione con cui il Signore viene incontro a ciascuno di noi. Gesù, infatti, rappresenta per i cristiani l’essenza stessa della compassione. Il samaritano si comporta come Gesù: fascia le ferite di quell’uomo, lo trasporta in un albergo, se ne prende cura personalmente e provvede alla sua assistenza. Tutto questo ci insegna che la compassione, l’amore, non è un sentimento vago, ma significa prendersi cura dell’altro fino a pagare di persona. Significa compromettersi compiendo tutti i passi necessari per “avvicinarsi” all’altro fino a immedesimarsi con lui: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Ecco il Comandamento del Signore. Conclusa la parabola, Gesù rovescia la domanda del dottore della Legge e gli chiede: “Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. La risposta è inequivocabile: “Chi ha avuto compassione di lui”. All’inizio della parabola per il sacerdote e il levita il prossimo era il moribondo; al termine il prossimo è il samaritano che si è fatto vicino. Questa parabola è un grande insegnamento per tutti noi, e anche un impegno. A ciascuno di noi Gesù ripete ciò che disse al dottore della Legge: “Va’ e anche tu fa’ così”. Siamo tutti chiamati a percorrere lo stesso cammino del buon samaritano, che è figura di Cristo:

Gesù si è chinato su di noi, si è fatto nostro servo, e così ci ha salvati, perché anche noi possiamo amarci come lui ci ha amato.

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