“Lasciarsi contagiare dall’esperienza di Fratel Charles di Gesù, in una ricerca sincera e instancabile dell’assoluto e nell’amore ardente per la persona viva di Gesù Cristo”. È l’invito contenuto nell’ultimo libro di mons. Leonardo Sapienza, reggente della Prefettura della Casa Pontificia, intitolato “Fratello degli ultimi” e dedicato a fratel Charles de Foucauld, proclamato santo da Papa Francesco il 15 maggio scorso. A Tamanrasset, il 1° dicembre 1916, fratel Charles scrive sul suo piccolo quaderno di appunti: “Viver come se dovessi morire ogni giorno martire… Ad ogni minuto, vivere oggi come se dovessi morire questa sera”. E alla cugina, Maria de Bondy: “Come è vero, non ameremo mai abbastanza: ma il buon Dio che sa di che fango ci ha impastati, e che ci ama più di quanto una mamma può amare suo figlio, il buon Dio che non può morire, ci ha detto che non respingerà chi andrà da Lui…”. Muore lo stesso giorno, assassinato da predoni del deserto. “Nessuno lo seguì, ma dal suo carisma sono nate undici Famiglie religiose”, osserva mons. Sapienza ripercorrendo le tappe salienti della vita e della testimonianza di fede di fratel Charles, definito “uno dei più grandi maestri di preghiera e di spiritualità di tutti i tempi”. Charles de Foucauld ha lasciato più di diecimila pagine manoscritte, minuziosamente raccolte nel volume per aree tematiche. Ne citiamo alcuni stralci.
Il programma. “Diventare i loro amici, amarli e farsi amare, portarli alla virtù, e dalla virtù e dalla buona volontà ad ogni verità, vivere per salvarli.
Ecco il programma: amore, amore, bontà, bontà”.
Accoglienza, pane quotidiano, amicizia. “Per gli schiavi ho una piccola camera nella quale li riunisco e in cui trovano sempre alloggio, accoglienza, pane quotidiano, amicizia; a poco a poco insegno loro a pregare Gesù. Dal 5 gennaio, giorno in cui la loro cameretta fu terminata, ne ho avuti tutte le notti qui alla Fraternità, grazie a Dio… Con più virtù da parte mia, più intelligenza e maggiori risorse, si potrebbe raggrupparli meglio! Talvolta, vedo anche venti schiavi al giorno. I viaggiatori poveri trovano anch’essi nella Fraternità un umile asilo e un po’ da mangiare…Ma il locale è stretto, la virtù del monaco e il suo savoir-faire sono ancor più scarsi… Adesso posso ricevere almeno una quindicina d’ospiti: fra un po’ di tempo, una trentina, perché continuo a costruire. Ma bisognerebbe poterne accogliere ancor di più: spesso capitan qui dai 30 ai 40 viaggiatori al giorno. Gl’infermi e i vecchi abbandonati trova qui un rifugio, un tetto, cibo e cure. Ma le cure son così insufficienti, e il cibo così scarso… Tre o quattro vecchi m’han già chiesto di essere ospiti fissi della Fraternità…”.
L’ora meglio spesa. “Gesù solo merita di essere amato appassionatamente. L’ora meglio spesa della nostra vita è quella in cui amiamo di più Gesù. Gesù si offre per essere il compagno di tutte le ore. E questo non ci basta? Lasceremo il Creatore per andare dalle creature? Sì, Gesù basta: lì dove Egli è, niente manca. Sarebbe troppo dolce sentire che amiamo Gesù, che siamo amati da lui e che siamo contenti della sua felicità: se sentissimo così, la terra sarebbe un paradiso”.
Voler amare. “L’amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare;
quando si vuol amare, si ama; quando si vuol amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni cosa.
Narriamoci spesso la duplice storia delle grazie che Dio ci ha fatto personalmente dopo la nostra nascita, e delle nostre infedeltà; vi troveremo – soprattutto noi che abbiamo vissuto per molto tempo lontani da Dio – le prove più sicure e più commoventi del suo amore per noi, come anche, purtroppo, le prove sì numerose della nostra miseria”.
L’etica della restituzione. “La nostra anima sia piena di gratitudine, o mio Dio, e questa gratitudine continua trabocchi in tutta quanta la nostra vita, tutti i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni, tutti gli istanti della nostra vita siano impiegati in vista di te solo: in ogni circostanza cerchiamo te solo, tutto, tutto, tutto quel che facciamo venga fatto in vista di te solo, poiché tutto, tutto ci viene da te. Che non respiriamo che per amarti, che tutti i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni siano ispirati dal tuo amore, che tutti gli istanti della nostra esistenza siano consacrati ad amarti il più possibile”.
La fede è abbandono. “Se, sia pure per un attimo, si comincia a ricercare se stessi, si cessa di amare. Chi non è pronto a soffrire ogni cosa e ad abbandonarsi interamente alla volontà del Diletto, non sa che significhi amare”.
Fratellanza. “Soprattutto, bisogna vedere in ogni essere umano un fratello, vedere in ogni essere umano un figlio di Dio, un’anima che dobbiamo amare come noi stessi e per la cui salvezza dobbiamo lavorare. E bisogna bandire da noi lo spirito militante di coloro che, non cristiani o cattivi cristiani, vedono dei nemici da combattere invece che vedere dei fratelli malati che bisogna curare, dei feriti stesi per la strada con i quali bisogna essere buoni Samaritani”.