“La vita familiare non è una missione impossibile”. A garantirlo a tutte le famiglie del mondo è stato il Papa, che ha concluso con il suo discorso il primo atto del decimo incontro mondiale delle famiglie, apertosi a Roma, in Aula Paolo VI con il Festival “The beauty of family”. “Dobbiamo convertirci e camminare come Chiesa, perché le nostre diocesi e parrocchie diventino sempre più comunità che sostengono tutti a braccia aperte”, ha chiesto Francesco dopo aver ascoltato cinque famiglie che hanno portato la loro testimonianza: “Ce n’è tanto bisogno!”.
“Non ci si sposa per essere cattolici ‘con l’etichetta’,
per obbedire a una regola, o perché lo dice la Chiesa; ci si sposa perché si vuole fondare il matrimonio sull’amore di Cristo, che è saldo come una roccia”, le parole dedicate al sacramento del matrimonio. Ringraziano Roberto e Maria Anselma, genitori di Chiara Corbella, di cui è in corso la causa di beatificazione, Francesco ha detto loro: “Non siete persone abbattute, disperate e arrabbiate con la vita. Anzi! Si percepiscono in voi una grande serenità e una grande fede. Vedere come lei ha vissuto la prova della malattia vi ha aiutato ad alzare lo sguardo e a non rimanere prigionieri del dolore, ma ad aprirvi a qualcosa di più grande: i disegni misteriosi di Dio, l’eternità, il Cielo. Vi ringrazio per questa testimonianza di fede!”.
“Nessuno desidera un amore a breve scadenza o a tempo determinato.
E per questo si soffre molto quando le mancanze, le negligenze e i peccati umani fanno naufragare un matrimonio”, ha proseguito Francesco rivolgendosi a Paul et Germain, che hanno condiviso i loro momenti di crisi, chiamandone per nome tutte le cause: “la mancanza di sincerità, l’infedeltà, l’uso sbagliato dei soldi, gli idoli del potere e della carriera, il rancore crescente e l’indurimento del cuore”. “Ma anche in mezzo alla tempesta, Dio vede quello che c’è nel cuore”, ha fatto notare Francesco alla coppia congolese: “È molto bello che abbiate celebrato la vostra ‘festa del perdono’, con i vostri figli, rinnovando le promesse matrimoniali nella celebrazione eucaristica”, l’omaggio del Papa: “Mi ha fatto pensare alla festa che il padre organizza per il figlio prodigo nella parabola di Gesù. Solo che questa volta quelli che si erano smarriti erano i genitori, non il figlio! Ma anche questo è bello e può essere una grande testimonianza per i figli. I figli, infatti, uscendo dall’infanzia, si rendono conto che i genitori non sono dei ‘super eroi’, non sono onnipotenti, e soprattutto non sono perfetti. E i vostri figli hanno visto in voi qualcosa di molto più importante: hanno visto l’umiltà per chiedersi perdono e la forza che avete ricevuto dal Signore per risollevarvi dalla caduta. Di questo loro hanno veramente bisogno! Anch’essi, infatti, nella vita sbaglieranno e scopriranno di non essere perfetti, ma si ricorderanno che il Signore ci rialza, che tutti siamo peccatori perdonati, che dobbiamo chiedere perdono agli altri e dobbiamo anche perdonare noi stessi”.
“Le famiglie sono luoghi di accoglienza, e guai se venissero a mancare!”,
il monito di Francesco, che ha ringraziato Pietro ed Erika per aver accolto Iryna e Sofia in fuga dall’Ucraina “sconvolta dalla guerra”. “Una società diventerebbe fredda e invivibile senza famiglie accoglienti”, ha proseguito Francesco: “Avete dato voce a tante persone la cui vita è stata sconvolta dalla guerra in Ucraina”, l’omaggio a queste ultime: “Vediamo in voi i volti e le storie di tanti uomini e donne che hanno dovuto fuggire dalla loro terra. Vi ringraziamo perché non avete perso fiducia nella Provvidenza, e avete visto come Dio opera in vostro favore anche attraverso persone concrete che vi ha fatto incontrare: famiglie ospitali, medici che vi hanno aiutato e tanti altri uomini dal cuore buono. La guerra vi ha messe di fronte al cinismo e alla brutalità umana, ma avete incontrato anche persone di grande umanità. Il peggio e il meglio dell’uomo!”. “L’accoglienza è proprio un carisma delle famiglie, e soprattutto di quelle numerose!”, la tesi del Papa.
“È bello e consolante vedere che quello che avete costruito insieme, tu e Luca, rimane vivo”,
le parole rivolte dal Papa a Zakia, la vedova dell’ambasciatore Luca Attanasio, ucciso in Congo. “Abbiamo basato la nostra famiglia sull’amore autentico, con rispetto, solidarietà e dialogo tra le nostre culture”, le parole di Zakia. “E niente di tutto questo è andato perso, nemmeno dopo la tragica morte di Luca”, il commento di Francesco, secondo il quale “non solo l’esempio e l’eredità spirituale di Luca rimangono vivi e parlano alle coscienze di molti, ma anche l’organizzazione che Zakia ha fondato, in un certo senso, porta avanti la sua missione. Anzi, possiamo dire che la missione diplomatica di Luca è diventata ora una ‘missione di pace’ di tutta la famiglia”. Per il Papa, “in Zakia e Luca troviamo la bellezza dell’amore umano, la passione per la vita, l’altruismo e anche la fedeltà al proprio credo e alla propria tradizione religiosa, fonte d’ispirazione e di forza interiore. Vivendo assieme a chi è diverso da me, in famiglia s’impara ad essere fratelli e sorelle. S’impara a superare divisioni, pregiudizi, chiusure e a costruire insieme qualcosa di grande e di bello, partendo da ciò che ci accomuna. Esempi vissuti di fratellanza, come quello di Luca e Zakia, ci danno speranza e ci fanno guardare con più fiducia al nostro mondo lacerato da divisioni e inimicizie”.
“Ogni vostra famiglia ha una missione da compiere nel mondo, una testimonianza da dare”,
la consegna finale: “Dobbiamo vivere con gli occhi puntati verso il Cielo”, l’esortazione di Francesco sulla scorta dei beati Beati Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi, patroni dell’incontro mondiale delle famiglie.