“I bambini che erano con me nella papamobile erano ucraini”. A rivelarlo, al termine dell’udienza di oggi, prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana, è stato il Papa, che tramite loro ha manifestato ancora una volta la sua vicinanza al popolo ucraino.
“Non dimentichiamo l’Ucraina, non perdiamo la memoria della sofferenza di quel popolo martoriato!”,
l’appello. I tre bambini saluti sull’auto del Papa – ha fatto sapere la sala stampa vaticana – sono di una scuola primaria di Roma, la Alberto Cadlolo, accolti per far proseguire gli studi. Prima dei saluti ai fedeli di lingua italiana, Francesco ha espresso “vicinanza alla cara popolazione afghana” per il violento terremoto che l’ha colpita e “dolore e sgomento” per l’uccisione in Messico di due padri Gesuiti, Javier Campos Morales e Joaquin Cesar Mora Salazar, e di un laico assassinati mentre tentavano di difendere un uomo che cerava rifugio nella chiesa della comunità di Cerocahui, inseguito da una persona armata. “Quante uccisioni in Messico!”, ha esclamato Francesco: “Sono vicino con l’affetto e la preghiera alla comunità colpita da questa tragedia. Ancora una volta ripeto che la violenza non risolve in problemi, ma accresce le inutili sofferenze”. Anche il preposito generale dei Gesuiti, appena appreso della barbara uccisione, si era detto “scioccato e rattristato da questa notizia”. “I miei pensieri e la mia preghiera – aveva proseguito – sono con i Gesuiti in Messico e con la famiglia dell’uomo. Dobbiamo fermare la violenza nel nostro mondo e così tanta inutile sofferenza”.
“Seguire Gesù sempre, a piedi, di corsa, lentamente, in carrozzina, ma seguirlo sempre,
l’invito al centro della catechesi, dedicata alla vecchiaia e in particolare al dialogo tra Gesù risorto e Pietro al termine del Vangelo di Giovanni. “Quando eri giovane eri autosufficiente, quando sarai vecchio non sarai più così padrone di te e della tua vita”, l’avvertimento di Gesù a Pietro. “Dillo a me che devo andare in carrozzina!”, il commento di Francesco: “Ma la vita è così’, con la vecchiaia abbiamo tutte queste malattie e dobbiamo accettarle come vengono, non abbiamo la forza dei giovani”. A questo proposito, il Papa ha citato una frase di Ignazio di Lojola: “Così come nella vita, anche nella morte dobbiamo dare testimonianza di discepoli di Gesù”.
“Il fine vita dev’essere un fine vita di discepoli: di discepoli di Gesù, perché il Signore ci parla sempre secondo l’età che abbiamo”.
“La tua sequela dovrà imparare a lasciarsi istruire e plasmare dalla tua fragilità, dalla tua impotenza, dalla tua dipendenza da altri, persino nel vestirsi, nel camminare”, il monito: “La sequela di Gesù va sempre avanti, con buona salute, con non buona salute, con autosufficienza e con non autosufficienza”.
“A me piace parlare on gli anziani guardandoli negli occhi: hanno occhi brillanti, che ti parlano più delle parole, la testimonianza di una vita”, ha rivelato Francesco: “E questo è bello, dobbiamo conservarlo fino alla fine. Seguire Gesù così, pieni di vita”. “Imparare dalla nostra fragilità ad esprimere la coerenza della nostra testimonianza di vita nelle condizioni di una vita largamente affidata ad altri, largamente dipendente dall’iniziativa di altri”, l’imperativo per gli anziani. “Con la malattia, con la vecchiaia la dipendenza cresce e non siamo più autosufficienti come prima”, ha detto il Papa: “cresce la dipendenza dagli altri e anche lì matura la fede, anche lì c’è Gesù con noi, anche lì sgorga quella ricchezza della fede ben vissuta durante la strada della vita”. “Non è facile allontanarsi dall’essere protagonisti della nostra vita”, ha ammesso Francesco: “Questo nuovo tempo è anche un tempo della prova, certamente. Incominciando dalla tentazione – molto umana, indubbiamente, ma anche molto insidiosa –, di conservare il nostro protagonismo”. “E alle volte il protagonismo deve diminuire, deve abbassarsi”, ha sottolineato: “devi accettare che la vecchiaia ti abbassa come protagonista, ma avrai un altro modo di partecipare alla famiglia, alla società, al gruppo degli amici”. No, allora, alla tentazione che ha colto anche Pietro: quella di “ficcare il naso nella vita degli altri”. “Seguire Gesù: nella vita e nella morte, nella salute e nella malattia, nella vita prospera con tanti successi e nella vita difficile, con tanti momenti brutti”.
“Gli anziani non dovranno essere invidiosi dei giovani che prendono la loro strada, che occupano il loro posto, che durano più di loro”,
la raccomandazione del Papa. “Imparare a congedarsi: questa è la saggezza degli anziani”, la tesi di Francesco: “Ma congedarsi bene, attenti, col sorriso, congedarsi in società, con gli altri. La vita degli anziani è un congedo, lento, lento, ma un congedo gioioso. Ho vissuto la vita, ho conservato la mia fede. Questo è bello, quando un anziano può dire questo: ‘Ho vissuto la vita, questa è la mia famiglia; ho vissuto la vita, sono stato un peccatore ma anche ho fatto del bene’. E questa pace che viene, questo è il congedo dell’anziano”. “Guardiamo gli anziani, e aiutiamoli a vivere, a esprimere la loro saggezza di vita, che possano darci quello che hanno di bello e di buono”, l’invito finale. E noi anziani guardiamo i giovani: serve un sorriso ai giovani. Loro seguiranno la loro strada, porteranno avanti quello che abbiamo seminato e anche quello che non abbiamo seminato. Un anziano non può essere felici senza guardare i giovani, e i giovani non possono andare avanti nella vita senza guardare gli anziani”.