Oggi 13 giugno si festeggia un Santo molto amato in tutto il mondo, che seppur portoghese è conosciuto come Sant’Antonio di Padova. Una festa che quest’anno, già nella sua preparazione, con la Tredicina che l’ha preceduta e il Giugno Antoniano in corso, viene vissuta di nuovo in presenza, dopo i due anni di pandemia, che hanno visto i frati della Basilica del Santo, a Padova, proporre molti eventi on line, seguitissimi. Di questo ritorno dei pellegrini come dell’attualità del messaggio di Sant’Antonio oggi parliamo con padre Antonio Ramina, rettore della Basilica del Santo.
Dopo i due anni di stop imposti dalla pandemia, quest’anno è stato possibile vivere in presenza la Tredicina e sono tornati i pellegrinaggi dalle diocesi: che riscontri avete avuto?
Stanno giungendo tanti pellegrini, alcuni di zone vicine, molti dalle diocesi del Triveneto, altri dalle parti più diverse del mondo, in ogni caso c’è un clima di gioia, di festa, di sollievo di poter partecipare senza particolari restrizioni a questi momenti, che sono non solo di devozione verso Sant’Antonio, ma sono anche momenti di popolo, di comunione: quando ci si ritrova in molti a vivere uno stesso affetto verso una figura come il Santo, poi si respira anche un bel clima di Chiesa. Quindi, direi
un clima di festa, di consolazione, di coralità.
Un clima in perfetta sintonia con il cammino sinodale che si sta vivendo in Italia e nelle Chiese di tutto il mondo…
Assolutamente sì. Nei pellegrinaggi che si verificano già a piedi e arrivano in Basilica sin dalle prime ore esprimono già questo voler camminare insieme. Rarissimamente sono persone che camminano da sole, sono sempre in gruppetti più o meno ampi, che già nel tragitto sperimentano la bellezza del camminare insieme. In questa direzione va anche il messaggio che il vescovo di Padova, mons. Claudio Cipolla, ed io abbiamo scritto per la festa di Sant’Antonio di quest’anno:
camminare insieme è già segno luminoso di Vangelo.
È già un trasparente atto di fede, perché esprime la nostra fiducia nello Spirito di Dio che, sin dalle origini della Chiesa, ha parlato a comunità raccolte in preghiera, o radunate per capire e compiere decisioni.
Sant’Antonio è amatissimo in tutto il mondo: quali sono le preghiere maggiormente inviate on line o depositate presso l’arca del Santo?
Le intenzioni di preghiera fondamentali sono la possibilità che si ritorni a una serenità sotto il profilo socio-sanitario e l’auspicio che si possa ritornare a un clima più sereno a livello internazionale per quanto riguarda la pace. Dalle intenzioni di preghiera formulate durante le Eucaristie e dalle preghiere che vengono depositate vicino all’arca di Sant’Antonio l’auspicio del ritorno alla pace mi pari che passi anche attraverso la richiesta che si sappiano riscoprire relazioni buone, a partire da noi stessi in famiglia, nelle comunità ecclesiali e negli altri luoghi di vita. Non è solo la preghiera vaga e lontana, ma anche l’impegno a poter riscoprire la pace nella nostra quotidianità.
Ci sono nuove figure di santi e beati amate dal popolo di Dio, ma Sant’Antonio resta sempre attuale: qual è il suo fascino oggi?
Faccio fatica a rispondere a questa domanda. Se guardiamo ad Antonio, nonostante i Sermoni che sono impregnati di Bibbia, è un uomo fondamentalmente silenzioso, che lascia trasparire pochissimo di se stesso. Perciò, mi piace pensare che la sua fama è già uno dei “miracoli” che si compiono nel suo nome. Il motivo di attualità credo che si trovi nel fatto che la sua parola è sempre stata di grande trasparenza e coraggio nel denunciare con forza ingiustizie, sopraffazioni, violenze. Credo che di una parola così, che non si lasci strumentalizzare o chiudere, ci sia sempre bisogno. Da un punto di vista devozionale, credo che le due luci che permettono di amare sant’Antonio siano, da una parte, il Bambino Gesù che tiene tra le braccia e che ci continua a comunicare l’immagine cristiana di un Dio di tenerezza, di misericordia, di prossimità, di familiarità, e, dall’altra parte, il pane nella mano di Antonio, che indica il lato caritatevole e solidale del suo essere cristiano. Dunque, una fede radicata in Gesù, che sa esprimersi nella concretezza del dono.
Voi frati come continuate oggi a far vivere questo carisma dell’attenzione ai poveri del Santo?
Attorno alla Basilica ci sono molte iniziative indirizzate alla vicinanza ai poveri.
C’è il cosiddetto “pane dei poveri” che quasi sin dalle origini cerca di prendere a cuore le tante forme di indigenza.
Accanto alla basilica c’è un bel gruppo di volontariato, che si chiama “Volontari della speranza”, che si fanno vicini alla povertà delle persone soprattutto dal punto di vista dell’aiuto per l’approvvigionamento dei cibi, preparando pacchi alimentari. Dalla Basilica del Santo sono sorte poi altre iniziative che sono riuscite a camminare con le proprie gambe, come l’“Armadio del povero”, nato cinquant’anni fa, che si occupa di fornite vestiario alle persone che ne hanno bisogno. A livello di Provincia religiosa, quindi circoscrizione dell’alta Italia dei Frati minori conventuali, ci sono tutte le iniziative favorite dal Messaggero di Sant’Antonio, attraverso progetti di ampia portata in diverse parti del mondo che cambiano di anno in anno.
Come celebrerete gli 800 anni dalla prima predica di Sant’Antonio nel 1222?
Abbiamo avuto un momento iniziale di celebrazione, invitando per il primo giorno della Tredicina il vescovo di Forlì-Bertinoro, mons. Livio Corazza, proprio perché questa prima predica, in cui si scopre il talento di Antonio predicatore, è stata a Forlì, a Montepaolo. Oltre a questo, più che un evento è stato pensato un filo conduttore di carattere visivo: nella cappella delle reliquie è stata esposta una tavola inizialmente il giaciglio di Sant’Antonio a Camposampiero, che, due secoli dopo l’utilizzo come letto da parte del Santo, è stato dipinto con una bella immagine di Sant’Antonio. La tavola ha un doppio valore storico-artistico e di reliquia devozionale. Nell’immagine dipinta Antonio tiene tra le mani, con forza, il Vangelo come segno di una predicazione che mette radice soprattutto nella sapienza biblica e nell’amore per Gesù.
Anche se viviamo in una società sempre più secolarizzata, quanto bisogno di Dio c’è oggi e come i santi come Antonio possono aiutare a riavvicinarsi alla fede?
Il bisogno di Dio è sempre tanto, anche se la gran parte delle volte è inconsapevole. Personalmente registro, più che avversità nei confronti di Dio, indifferenza, mancanza di desiderio, mancanza della capacità di sognare in grande. Credo che il desiderio di Dio tante volte si nasconda dentro la stanchezza, la demotivazione, l’appiattimento. Forse, una delle strategie più efficaci per suscitare il desiderio di Dio in modo consapevole è percorrere quelle strade che dicano la bellezza nelle relazioni buone, nel farsi vicini agli altri, la bellezza nella natura di cui prendersi cura, la bellezza in forma artistica che ci viene consegnata nei secoli della tradizione precedente. In questo senso Sant’Antonio e la sua storia hanno dato origine a una Basilica come questa: anche poterla avvicinare con uno sguardo affascinato può far nascere la domanda di Dio. Attorno a Sant’Antonio sono nate iniziative gratuite di carità, che hanno un loro fascino, una loro bellezza. La figura di Sant’Antonio ha permesso, poi, di percorrere ed esplorare vie di carattere teologico, culturale e sapienziale, che sono una risorsa importante per una fede matura e consapevole.
Che auspicio esprime per la festa del Sant’Antonio di quest’anno?
Leggevo in questi giorni in una biografia di Sant’Antonio, nei paragrafi relativi al suo modo di predicare, un elenco dei frutti di questa sua predicazione: il primo è che era capace con la sua parola di ristabilire riconciliazione tra persone discordi. Credo che sia un bell’augurio questo da poter fare nostro oggi.