Un punto di svolta. Ecco quello che necessita la gestione delle comunità parrocchiali. La parola che risuona maggiormente al convegno nazionale degli economi e direttori degli uffici amministrativi delle diocesi italiane, che si è tenuto a Salerno all’8 al 10 giugno, è “corresponsabilità”, intesa come condivisione dei compiti. Proprio come in una famiglia. Promosso dalla Segreteria generale, dall’Economato e amministrazione e dall’Ufficio nazionale per i problemi giuridici della Conferenza episcopale italiana (Cei), l’appuntamento ha ricevuto gli stimoli provenienti dal cammino sinodale che si sta compiendo. Don Claudio Francesconi, economo della Cei, racconta al Sir le esperienze apprese durante la tre giorni e lo sguardo nuovo spinto a vivere la comunità parrocchiale corresponsabile nel sostentamento, visto che “la firma dell’8 per mille non è solo una firma ma è sentirsi partecipe di una comunità”.
Il cammino sinodale che ispirazione vi ha offerto?
Il cammino sinodale è stato il filo rosso che ha legato gli interventi. Abbiamo cercato di cogliere questo periodo per scrutare insieme alla comunità i segni dei tempi, a partire dai dati oggettivi che balzano agli occhi nelle nostre amministrazioni. Saperli leggere insieme alla prospettiva di un orizzonte più avanzato.
Che segnali avvertite?
Alcuni sono sotto gli occhi di tutti. Per prima cosa c’è un assottigliarsi del numero dei presbiteri Questo induce le comunità a chiedersi come amministrare le realtà parrocchiali. Poi c’è il tema delle risorse a disposizione che sono sempre più insufficienti per la vita ordinaria delle diocesi, per far fronte anche alla custodia degli immobili che la storia ci ha consegnato. Accogliere e gestire le risorse date dall’8 per mille come una integrazione e non come l’unica risorsa diventa sempre più faticoso. Ci sono però anche segnali positivi. Per esempio, nel panorama degli economi ci sono sempre più laici che hanno portato la loro esperienza e professionalità. C’è stata una grossa richiesta di formazione e scambio di esperienze. Nel suo intervento, il segretario generale della Cei, mons. Stefano Russo, ci ha posto una domanda: come sarà la comunità cristiana nel 2050? Come amministratori abbiamo bisogno di spingere la visuale oltre il nostro naso, facendo un discernimento sull’oggi pensando al futuro.
A Salerno avete toccato il tema delle comunità energetiche che non si riducono all’installazione dei pannelli fotovoltaici.
Sul tema delle comunità energetiche, emerso dalla Settimana sociale di Taranto, molte diocesi si stanno interrogando sul come adoperarsi. Durante il nostro convegno ci sono state due relazioni per dare degli orientamenti. Quella di don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro, ha inquadrato il tema nell’ecologia integrale per capire che non è un modo per alleggerire la bolletta ma è proprio una scelta all’interno della Laudato si’. E quella dell’avvocato Maria Adele Prosperoni, responsabile ambiente ed energia di Confcooperative, che ci ha dato dei punti fermi su come orientarci oggi, per come muovere i primi pasi. Il tema parte dall’esperienza del gruppo d’acquisto e ci fa capire come attivarsi insieme e gestire questi aspetti.
Lei ha richiamato sul bisogno di essere “saggi amministratori” che hanno “un orizzonte verso cui orientare le scelte di oggi”. Che orizzonte vedete?
Il tema dell’oculatezza e della sobrietà è soprattutto da mettere in correlazione con i fini. Le parrocchie amministrano i beni rivolgendosi ai fini ricordati dal Codice di diritto canonico: la carità, il culto, la pastorale, il sostentamento dei ministri. Se perdiamo di vista questi fini non siamo saggi nell’amministrare. Siamo in un “cambiamento d’epoca”, come ci ricorda Papa Francesco. E anche le strutture che la storia ci ha consegnato hanno l’esigenza di adeguarsi alle persone. Sicuramente c’è un cambiamento necessario, uno sguardo in avanti. Il controllo di gestione prevede degli obiettivi a medio e lungo termine. È una fatica a cui non siamo ancora abituati e rischiamo di navigare a vista. Ciò è pericoloso.
Lei ha offerto una riflessione sulla “corresponsabilità nel sovvenire”. A chi spetta questa responsabilità?
È decisiva la svolta. Le nostre comunità parrocchiali non vivono appieno da protagoniste. Spesso si ha l’impressione che il centro della parrocchia sia il parroco, con qualcuno che lo aiuta. Ma tra collaboratore e corresponsabile c’è differenza. Avere la consapevolezza di essere membra viva di un corpo ed essere responsabili di una comunità anche sotto l’aspetto della vita è diverso. L’esperienza cristiana è esperienza incarnata. Il tema del materiale non è avulso dalla spiritualità. L’economa di Padova (Vanna Ceretta, ndr) ha colpito tutti dicendo che c’è una mistica nella amministrazione. Una comunità corresponsabile è come una famiglia. Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, ci ha aiutato molto entrando nei dettagli del progetto di sostegno economico.
La firma dell’8 per mille infatti non è solo una firma. È sentirsi partecipe di una comunità.