“Di fatto, con tutto il nostro progresso e il nostro benessere, siamo davvero diventati la società della stanchezza. Siamo nella società della stanchezza”. A lanciare il grido d’allarme è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in piazza San Pietro e dedicata ancora una volta alla vecchiaia, sulla scorta del libro di Qoelet. Al termine, un appello a “dire basta al traffico indiscriminato delle armi”. “Dovevamo produrre benessere diffuso e tolleriamo un mercato scientificamente selettivo della salute”, la denuncia di Francesco nella catechesi:
“Dovevamo porre un limite invalicabile alla pace, e vediamo susseguirsi guerre sempre più spietate verso le persone inermi.
La scienza progredisce, naturalmente, ed è un bene. Ma la sapienza della vita è tutt’altra cosa, e sembra in stallo. Infine, questa ragione an-affettiva e ir-responsabile toglie senso ed energie anche alla conoscenza della verità”. “Il vuoto di senso e di forze aperto da questo sapere, che respinge ogni responsabilità etica e ogni affetto per il bene reale, non è innocuo”, ha fatto notare il Papa: “Non toglie soltanto le forze alla volontà del bene: per contraccolpo, apre la porta all’aggressività delle forze del male. Sono le forze di una ragione impazzita, resa cinica da un eccesso di ideologia”.
“Non è un caso che la nostra sia la stagione delle fake news, delle superstizioni collettive e delle verità pseudo-scientifiche”,
ha argomentato Francesco, che poi ha proseguito a braccio: “In questa cultura del sapere, di conoscere tutte le cose, anche della precisione del sapere, si sono diffuse tante stregonerie, ma stregonerie colte, con una certa cultura ma che ti portano a una via di superstizione. Da una parte andare avanti con intelligenza nel conoscere le cose, dall’altra l’anima che ha bisogno di altre cose e che prende la strada delle superstizioni e finisce nelle stregonerie”. “La vecchiaia può imparare dalla saggezza ironica di Qoelet l’arte di portare alla luce l’inganno nascosto nel delirio di una verità della mente priva di affetti per la giustizia”, la tesi del Papa: “Gli anziani ricchi di saggezza e di umorismo fanno tanto bene ai giovani! Li salvano dalla tentazione di una conoscenza del mondo triste e priva di sapienza della vita. Questi anziani riportano i giovani alla promessa di Gesù: ‘Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati’. Saranno loro a seminare fame e sete di giustizia nei giovani”. “Coraggio e avanti!”, l’invito finale: “Tutti noi vecchi abbiamo una missione molto grande nel mondo: non cercare rifugio in questo idealismo non concreto, non reale, senza radici, nelle stregonerie della vita”.
“La vecchiaia rende quasi inevitabile l’appuntamento col disincanto”,
l’esordio della catechesi. “Di fronte a una realtà che, in certi momenti, ci sembra ospitare tutti i contrari, riservando loro comunque lo stesso destino, che è quello di finire nel nulla, la via dell’indifferenza può apparire anche a noi l’unico rimedio ad una dolorosa disillusione”, ha affermato il Papa, secondo il quale “la resistenza della vecchiaia agli effetti demoralizzanti di questo disincanto è decisiva: se gli anziani, che hanno ormai visto di tutto, conservano intatta la loro passione per la giustizia, allora c’è speranza per l’amore, e anche per la fede”. Per il mondo contemporaneo, “è diventato cruciale il passaggio attraverso questa crisi, crisi salutare, perché
una cultura che presume di misurare tutto e manipolare tutto finisce per produrre anche una demoralizzazione collettiva del senso, una demoralizzazione dell’amore, una demoralizzazione del bene”.
Ma la conoscenza senza moralità è “una paralisi dell’anima”, causata da un “delirio di onniscienza”, da “una nuova ragione cinica che somma conoscenza e irresponsabilità”. “Qoelet, con la sua ironia, smaschera già questa tentazione fatale di una onnipotenza del sapere – un delirio di onniscienza – che genera un’impotenza della volontà”, ha spiegato Francesco, ricordando che “i monaci della più antica tradizione cristiana avevano identificato con precisione questa malattia dell’anima, che improvvisamente scopre la vanità della conoscenza senza fede e senza morale, l’illusione della verità senza giustizia. La chiamavano accidia. E questa è una delle tentazioni di tutti, dei vecchi ma di tutti”. “Non è semplicemente la pigrizia, è di più”, ha precisato il Papa: “Non è semplicemente la depressione. Piuttosto, è la resa alla conoscenza del mondo senza più passione per la giustizia e per l’azione conseguente”.