“La crescita? Va liberata dal problema dei numeri, che sono importanti, ma anche una tentazione! Se siamo quattro gatti facciamo poco, certamente, e molte volte questo ci condiziona, ma dobbiamo affrancarci dalle cifre e ricordarci che c’è un valore in sé nell’essere insieme. In fondo, nostro Signore ha indicato numeri bassi con quei “due o tre riuniti nel Suo nome” considerati come sufficienti alla sua presenza! Ed è presente quindi anche quando siamo pochi e nessuna realtà è considerata insignificante perché “piccola””.
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Serve un modo per ricontestualizzare il “problema numero” coniugandolo con la crescita autentica e la missione. “Il numero va sempre visto in considerazione di un valore che lo supera”, spiega il cardinale, “la crescita non è mai geometrica, eppure noi abbiamo continuamente la tentazione di definirci dai sondaggi, dalla verifica. Papa Francesco direbbe ‘dallo spazio’. Ecco, noi insistiamo a misurarci ‘nello spazio’, con tutte le conseguenze del calcolo, ovvero tanto abbattersi quanto esaltarsi. Invece è il tempo che è fondamentale. La crescita è qualcosa che riguarda il presente, ma soprattutto il dopo. Siamo sempre un seme che deve germogliare, ma occorre gettarlo nel terreno quando è solo un seme! Non si elude lo spazio, ma lo si attraversa”.
Attraversare, un verbo che riesce a descrivere in uno stesso concetto due dimensioni diverse: la superficie da percorrere e il tempo per percorrerla.
“Il fatto è che la crescita è sempre qualcosa che riguarda il tempo” ribadisce l’arcivescovo, “Quando si pianta se cerchi subito il frutto puoi pensare che non sia servito a nulla, ma credi, pensi, speri che darà frutto. Questa consapevolezza libera dall’angustia dello spazio, dalla bulimia di prestazione, aiuta a guardare con serenità. Ognuno di noi è un seme che dà frutto e così la comunità cresce. Smette di crescere quando prevale la logica per cui si vive per sé stessi”. Una comunità è qualcosa di vivo, che ha bisogno di tempo, maturazione, fecondità, unità, impegno: “La crescita ce la mette Cristo, ma noi ce la dobbiamo mettere tutta in quel seme che ci ha affidato”.
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La crescita avviene perché lo Spirito soffia e, spesso, si impara a riconoscerlo nello sguardo, nell’incontro.
“Ho tre immagini in mente. La prima volta in cui ho compreso la presenza dello Spirito è stato vedendo mio padre che pregava, perché ne coglievo l’intensità, il raccoglimento. Questa è stata la prima immagine di una dimensione spirituale nella vita”, ricorda il cardinale.
“Poi, con la comunità di Sant’Egidio, perché ho riconosciuto la presenza viva del Signore in quelle prime riunioni in cui si capiva insieme, ci si ascoltava, nelle preghiere, nei silenzi, nella bellezza della celebrazione liturgica.
La terza è l’incontro coi poveri, i bambini, gli anziani. Di fronte alla sofferenza si apre una grande dimensione spirituale che chiede di fare spazio allo Spirito, all’amore di Dio, per poter offrire una risposta che sia autentica. Ecco, nel sentire la chiamata del Signore si cresce: in una crescita che non è gonfiarsi stando fermi, ma seguire per capire e capire seguendo”.
Pubblicato su “Vocazioni” – Numero 3 – Maggio/Giugno 2022