Anno Ignaziano: da Loyola a Manresa, per “imparare” il discernimento

In viaggio alla scoperta di Ignazio per apprendere l'arte del discernimento, nello speciale Anno che celebra i 500 anni dalla conversione del fondatore della  Compagnia Gesù. "Qui Ignazio si è consegnato a Dio", si legge nella cappella della conversione della Santa Casa di Loyola. Tutto è iniziato a Pamplona con una palla di cannone, spiega padre John Dardis: "Se non ci fosse stata quella ferita, non ci sarebbe la Compagnia di Gesù". Il santuario di Montserrat e l'"ispirazione" benedettina. Il 31 luglio l'inaugurazione dei mosaici di padre Rupnik nella grotta di Manresa

(Foto SIR)

Vulnerabilità.  questa la parola chiave per comprendere il cammino percorso da Sant’Ignazio da Loyola a Manresa. Ne è convinto padre John Dardis, consigliere generale per il discernimento e la pianificazione apostolica e direttore dell’Ufficio Comunicazione della Curia Generale dei Gesuiti, che illustra così il viaggio alla scoperta di Sant’Ignazio ripercorrendo il tratto di quello che oggi è il Cammino ignaziano, nell’anno che commemora – fino al luglio prossimo – i 500 anni dalla conversione del fondatore della Compagnia di Gesù. Durante la battaglia di Pamplona, Ignazio è stato colpito da una palla di cannone che ha gli ha trafitto le gambe.

“Se non ci fosse stata quella ferita, non sarebbe nata la Compagnia di Gesù”,

spiega padre John: “Quando ami, sei vulnerabile: se non accetti le tue ferite, la tua vocazione rimane bugiarda: Imparare a lasciare i propri meccanismi di difesa non è facile, e la scoperta di Ignazio è stata proprio quella di poter essere vulnerabile e amato nello stesso tempo”.

Come recita la scritta della cappella della conversione, nella Santa Casa di Loyola: “Qui Ignazio si è consegnato a Dio”. Una scritta che va letta anche in senso inverso: “Qui Dio si è consegnato ad Ignazio”.

(Foto SIR)

“Nei momenti in cui la Compagnia si è trovata a disagio o in difficoltà, quando è stata vulnerabile, ha saputo trovare la buona strada”, sottolinea il gesuita: “Se vogliamo continuare a camminare, dobbiamo sapere accettare anche oggi, come ha fatto Ignazio, la nostra vulnerabilità”. A Monserrat, Ignazio si è spogliato dei propri vestiti e ha lasciato la sua spada, cioè si è arreso alla chiamata di Dio proprio accettando la sua vulnerabilità. E oggi c’è un gesuita diventato papa, il primo nella storia della Compagnia di Gesù:

“Forse anche lui imparerà qualcosa dalla sua vulnerabilità attuale”, il riferimento ai problemi di salute di Papa Francesco, guarda caso anche per lui localizzati nella zona delle gambe: “Alla vulnerabilità si può reagire con l’amarezza e la delusione, o al contrario con sincerità e amore”.

E’ il caso serio del discernimento, elemento fondante della spiritualità ignaziana, che “non è qualcosa di superficiale o da vivere a cuore leggero”, precisa padre John: “Ignazio ha lottato per trovare Dio, a Manresa ha pensato perfino al suicidio”.  Quello che alla fine ha vinto, però, è stato il senso di affidamento alla volontà del Padre: “Se perdiamo questo, non saremo più la Compagnia di Gesù”, afferma padre John riflettendo sul futuro proprio a partire da questo speciale Anno Ignaziano: “Non possiamo pianificare senza fare discernimento: se sappiamo ascoltare bene lo Spirito, con libertà e l’indifferenza di Ignazio – che vuol dire libertà interiore – possiamo pianificare, se invece ci adagiamo nelle nostre sicurezze o confidiamo nel potere non siamo sulla strada di Gesù”.

La montagna, la presenza spirituale della Vergine e il monastero. Sono i tre elementi che incontra il pellegrino Ignazio quando intraprende il viaggio a bordo di una mula per raggiungere Montserrat, da quasi mille anni la “casa” dei monaci benedettini. Il monastero gotico è un luogo decisivo per la futura Compagnia di Gesù, che non sarebbe nata se Ignazio, dopo aver discusso con un moro sulla verginità di Maria, preso dall’impulso di andare a cercare il suo interlocutore riottoso per ucciderlo. A decidere, la direzione presa dalla mula lasciata a briglia sciolta, che invece di prendere il sentiero che l’avrebbe condotto dal moro fuggitivo ha imboccato la strada maestra. Nella notte tra il 24 e il 25 marzo del 1522 Ignazio si spoglia dei suoi abiti da cavaliere e depone la sua spada ai piedi della Vergine, poi fa una confessione per iscritto che dura tre giorni. Nel santuario, che ospita una ricchissima biblioteca privata, ma aperta ai visitatori, di 350 mila volumi – tra i quali gli Atti di tutti i Concilii, a partire da quello di Gerusalemme fino al Vaticano II – Iñacio conosce le opere dell’abate Garcias de Cisneros, morto dieci anni prima, e apprende un metodo di preghiera, la “devozione moderna”, che verosimilmente ha influito sulla sua decisione di scrivere gli Esercizi spirituali nella grotta di Manresa. Oggi la comunità benedettina di Montserrat conta 56 monaci, di cui 46 residenziali. “Mi piace pensare – dice padre Ignazio, il monaco benedettino che ci guida, raccontando la storia del santo di cui porta il nome  – che anche alcune decisioni importanti per la vita del santo, come quella di non recarsi immediatamente in Terra Santa, o di deviare il su itinerario fino a Manresa invece di dirigersi direttamente a Barcellona, furono concepite e maturate a Montserrat”.

(Foto SIR)

“Mi fai un bellissimo regalo, è il culmine di tutto ciò che nella vita ho pensato e studiato”.

Così l’artista e gesuita sloveno padre Marko Rupnik ha risposto alla proposta del rettore, padre Lluis Magriña, di illustrare con i suoi mosaici le otto cappelle laterali del santuario di Manresa, costruito nel punto esatto in cui si trova la grotta in cui Sant’Ignazio ha cominciato a scrivere gli Esercizi spirituali. Il set di mosaici – più di 550 metri quadri in totale – è stato installato sulle pareti del santuario il mese scorso. Un luogo di incontro, testimonia il direttore, padre Lluis Magriña, per i pellegrini di tutto il mondo che già in questo primo mese hanno potuto pregare in questo spazio inondato di luce che mostra il pellegrinaggio cristiano dalla creazione alla Pentecoste attraverso una meditazione sugli Esercizi Spirituali.  Fino allo splendido mosaico finale, con Ignazio e Gesù che condividono il peso della Croce e i cui volti affiancati si sovrappongono al punto di avere tre occhi, e non quattro, con l’occhio centrale in comune. L’inaugurazione solenne si svolgerà il 31 luglio prossimo, festa di Sant’Ignazio, alla presenza del Superiore generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa.

 

Altri articoli in Chiesa

Chiesa