Gli anziani come modello per i giovani, nei comportamenti e nelle scelte di fede e di vita. Papa Francesco ha più volte ribadito l’importanza della loro testimonianza per le nuove generazioni. Ed è tornato a farlo, stamani, durante l’udienza generale in piazza San Pietro, continuando il ciclo di catechesi sulla vecchiaia. Il protagonista è Eleazaro, personaggio biblico novantenne. Il racconto narra l’episodio degli ebrei costretti da un decreto del re a mangiare carni sacrificate agli idoli. Quando viene il turno dell’anziano stimato da tutti, vissuto ai tempi della persecuzione di Antioco Epifane, gli ufficiali del re lo consigliano di fare una simulazione, cioè di fingere di mangiare le carni senza farlo realmente. Così Eleazaro si sarebbe salvato. Ma lui scelse il martirio. “La sua figura ci consegna una testimonianza dello speciale rapporto che esiste fra la fedeltà della vecchiaia e l’onore della fede”, ha spiegato il Papa. Dall’episodio che coinvolge Eleazaro emerge una considerazione:
“Disonorare la fede nella vecchiaia, per guadagnare una manciata di giorni, non è paragonabile con l’eredità che essa deve lasciare ai giovani, per intere generazioni a venire”.
La testimonianza per i giovani. Dalle parole di Papa Francesco un messaggio chiaro: “Un vecchio che è vissuto nella coerenza della propria fede per un’intera vita, e ora si adatta a fingerne il ripudio, condanna la nuova generazione a pensare che l’intera fede sia stata una finzione, un rivestimento esteriore che può essere abbandonato, pensando di poterlo conservare nel proprio intimo”. Quindi, la “lezione” che si può “leggere” dal comportamento di Eleazaro – ha evidenziato il Papa – è che “un tale comportamento non onora la fede, neppure di fronte a Dio”. “E l’effetto di questa banalizzazione esteriore sarà devastante per l’interiorità dei giovani”. E, poi, l’accento sulla “coerenza di quest’uomo che pensa ai giovani”. In questo episodio, il Papa guarda alla vecchiaia come “il luogo decisivo, e insostituibile, di questa testimonianza”. Perché “un anziano che, a motivo della sua vulnerabilità, accettasse di considerare irrilevante la pratica della fede, farebbe credere ai giovani che la fede non abbia alcun reale rapporto con la vita”. “Essa apparirebbe loro, fin dal suo inizio, come un insieme di comportamenti che, all’occorrenza, possono essere simulati o dissimulati, perché nessuno di essi è così importante per la vita”.
La coerenza della fede. L’antica gnosi eterodossa, “un’insidia molto potente e molto seducente per il cristianesimo dei primi secoli”. Il Pontefice l’ha considerata così, sottolineato come teorizzasse che “la fede è una spiritualità, non una pratica; una forza della mente, non una forma della vita”. “La fedeltà e l’onore della fede, secondo questa eresia, non hanno nulla a che fare con i comportamenti della vita, le istituzioni della comunità, i simboli del corpo – ha aggiunto Francesco -. La seduzione di questa prospettiva è forte, perché essa interpreta, a suo modo, una verità indiscutibile: che la fede non si può mai ridurre a un insieme di regole alimentari o di pratiche sociali”. Il “guaio” denunciato dal Papa è che “la radicalizzazione gnostica di questa verità vanifica il realismo della fede cristiana, che invece deve passare sempre attraverso l’incarnazione”. “E svuota anche la sua testimonianza, che mostra i segni concreti di Dio nella vita della comunità e resiste alle perversioni della mente attraverso i gesti del corpo”.
L’attualità della tentazione gnostica. Dalle parole del Papa emerge la consapevolezza che “la tentazione gnostica, che è una delle eresie di questo tempo, rimane sempre attuale”. “In molte linee di tendenza della nostra società e nella nostra cultura, la pratica della fede subisce una rappresentazione negativa, a volte sotto forma di ironia culturale, a volte con una occulta emarginazione. La pratica della fede per questi gnostici è considerata come un’esteriorità inutile e anzi nociva, come un residuo antiquato, come una superstizione mascherata. Insomma, una cosa per vecchi”. Ma – ha avvertito il Papa – “forse tocca proprio a noi, vecchi, restituire alla fede il suo onore, farla coerente”. “La pratica della fede non è il simbolo della nostra debolezza, ma piuttosto il segno della sua forza. La fede merita rispetto e onore fino alla fine: ci ha cambiato la vita, ci ha purificato la mente, ci ha insegnato l’adorazione di Dio e l’amore del prossimo. È una benedizione per tutti!”. Infine, l’esortazione di Francesco:
“Non baratteremo la fede per una manciata di giorni tranquilli. Dimostreremo, in tutta umiltà e fermezza, proprio nella nostra vecchiaia, che credere non è una cosa ‘da vecchi’, ma è cosa di vita”.
Il mese di Maria. Salutando i pellegrini giunti da vari Paesi, il Papa ha ricordato che maggio è il mese mariano. E ha incoraggiato i fedeli a pregare Maria. Così ha invitato i pellegrini di lingua tedesca a “invocare la sua intercessione per le vostre intenzioni personali, per le intenzioni della Chiesa e per la pace nel mondo”. “Abbiamo iniziato da poco il mese di maggio, che tradizionalmente chiama il popolo cristiano a moltiplicare i gesti quotidiani di venerazione alla Vergine Maria – ha aggiunto Francesco, rivolgendosi ai pellegrini di lingua portoghese -. Il segreto della sua pace e del suo coraggio era questa certezza: ‘nulla è impossibile a Dio’. Abbiamo bisogno d’imparare ciò con la Madre di Dio; mostriamoci riconoscenti, pregando il rosario ogni giorno”. Parlando con i polacchi ha ricordato che ieri hanno celebrato la solennità della Beata Vergine Maria, Regina della Polonia, e il beato cardinale Wyszyński, che “vi ha insegnato a confidare in Maria nei momenti più difficili della vostra storia”. “Seguendo il suo esempio, affidate alla Vergine Santa la sorte della vostra patria e la pace in Europa”, ha detto il Papa. Che agli italiani ha chiesto di guardare a Maria come “maestra di preghiera e di vita spirituale”.