In occasione dell’anno dedicato alla famiglia, con cui la Chiesa celebra i 5 anni dall’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, Papa Francesco ha affidato la preparazione dei testi delle meditazioni e delle preghiere per le stazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo ad alcune famiglie legate a comunità ed associazioni cattoliche di volontariato ed assistenza. La maggior parte dei partecipanti alla Via Crucis al Colosseo non coincide con chi ha elaborato i testi. In tutto alla Via Crucis parteciperanno 74 persone. Per la famiglia che gestisce una casa famiglia ci sono 9 persone, genitori, Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, la moglie, i 3 figli naturali e gli altri accolti; la famiglia adottiva, appartenente all’Aibi, ha due figli dalla Cina e uno dal Sud America; noi, per le famiglie numerose, siamo 7; c’è una famiglia di missionari dell’Operazione Mato Grosso in Perù, con 8 figli, gli ultimi due gemelli nati 15 giorni fa; per la famiglia con un disabile, ci sono i genitori e Alfredo, una famiglia divisa tra l’Ospedale Bambino Gesù e la casa. A coordinare il lavoro sono stati Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, e sua moglie Anna Chiara Gambini. A loro abbiamo chiesto di illustrarci questa Via Crucis.
Quanto è importante la scelta di affidare alle famiglie le meditazioni e le preghiere della Via Crucis al Colosseo, in un tempo di grande prova ma anche di loro protagonismo?
Gigi: Il Papa è l’unico che riconosce alle famiglie un ruolo determinante non solo qui in Italia, ma per il mondo intero. Senza le famiglie sarebbe un mondo più povero, probabilmente spaccato e lacerato dopo la pandemia, forse con ancora più guerre. Le famiglie, infatti, vanno oltre le diplomazie e sanno fare la pace. Tutto s’impara in famiglia. È una Via Crucis scritta a più mani: in ogni Stazione non c’è una sola famiglia che ha contribuito a scrivere meditazioni e preghiere, ma tante; così come nella Via Crucis al Colosseo non sempre chi porterà la croce sarà la famiglia che ha scritto la meditazione. È un lavoro corale, bello, di storie vere, non di astrazioni. Come dice sempre il Papa, la realtà è più forte delle idee.
Le storie delle famiglie sono più forti della teoria che si fa sulle famiglie.
Com’è stato questo lavoro di coordinamento che avete condiviso come coppia?
Anna Chiara: Teoricamente non doveva uscire il nostro nome, perché è vero che abbiamo svolto questo servizio, ma quello che deve emergere è che si tratta di una Via Crucis scritta dalle famiglie, con le famiglie, per le famiglie. Non è la Via Crucis di una sola famiglia. Detto questo, ci siamo sentiti sin dall’inizio emozionati ma anche molto sereni per un fatto: non dovevamo scrivere noi meditazioni e preghiere, ma coinvolgere più famiglie possibili. Di fatto, è stata una responsabilità molto più condivisa. Abbiamo cercato di rappresentare situazioni reali, non abbiamo aggiunto niente.
Le meditazioni partono da una concretezza disarmante.
Se c’è una famiglia in cui muore il marito, la moglie o un figlio, il dolore è condiviso. Il segreto di questa Via Crucis è far sentire tutti parte di una famiglia umana: cambiano i nomi e i luoghi, ma le storie sono tutte molto simili. Alla fine il pungiglione della morte toccherà a ciascuno di noi, come le difficoltà di arrivare alla fine del mese capitano a molti, né possiamo dormire sonni tranquilli se c’è una famiglia che deve abbandonare il suo Paese perché c’è la guerra o se una giovane coppia dopo il matrimonio inizia a percepire che è complicato andare d’accordo. Sono storie vere di persone che stanno portando una croce.
Nella Via Crucis sono raccontate, infatti, tante sofferenze…
Anna Chiara: Ci tengo a precisare che non è una Via Crucis sulla crisi della famiglia, semmai è una Via Crucis che mette in luce che le croci che ci sono dovunque vissute in famiglia possono non schiacciare, perché se ne può portare un pezzetto ciascuno, ci si può aiutare. La famiglia può essere una grandissima risorsa nella difficoltà. La croce può essere anche una esperienza educativa nei confronti dei figli. Pur di fronte alla morte di un figlio o di un coniuge, a un figlio disabile o che non arriva, le famiglie che si sono raccontate nella Via Crucis hanno mostrato di essere persone del terzo giorno. La cosa bella che sta capitando è che le persone a cui abbiamo chiesto di scrivere o riflettere per le meditazioni e preghiere della Via Crucis ci ringraziano perché in questo momento di riflessione sono riuscite a dare un sapore diverso, una prospettiva nuova, a un dolore che portavano nel cuore da tanti anni vivendolo e basta. Anche altri che non sono stati coinvolti direttamente nel lavoro di stesura ci hanno ringraziato perché hanno trovato il coraggio di guardare in faccia al loro dolore o alla morte che si avvicina per malattie gravissime.
Quali storie avete voluto emblematicamente porre nella Via Crucis?
Gigi: Sono storie reali, concrete, in cui tutti ci possiamo riconoscere: tutti abbiamo avuto una famiglia giovane, tutti siamo stati aiutati dai nonni e un domani aiuteremo i nostri nipoti, molti hanno o si relazionano con famiglie che hanno bambini disabili. Ad esempio nella V Stazione, riguardante una famiglia con un figlio con disabilità, viene raccontato quando i medici invitano ai genitori a ripensare alla scelta di dare alla luce un figlio disabili, quasi dovendo chiedere scusa di metterlo al mondo. Una Via Crucis che tocca tutte le dinamiche, tutte le situazioni, compresa quella della guerra e quella dei rifugiati.
C’è un filo conduttore della Via Crucis?
Anna Chiara: Sì, l’Amoris laetitia. Ogni volta che abbiamo ringraziato il Papa, in vari incontri, dell’esortazione apostolica, ci ha risposto sempre che sono le famiglie l’Amoris laetitia, la gioia dell’amore. Si tratta di un’esortazione apostolica che mette per iscritto quello che le famiglie vivono ogni giorno.
Questa Via Crucis è una sorta di Amoris laetitia incarnata.
Cosa distingue questa Via Crucis dalle altre?
Anna Chiara: Che centinaia di persone da casa sentiranno di aver dato il loro contributo. Ed è una Via Crucis che deve raccontare cos’è la croce di Cristo nel 2022 per le famiglie del mondo. È un’esperienza di fede, le persone hanno scritto le meditazioni pregando per capire nel cuore cosa condividere con le altre famiglie. Il senso era partire dalla concretezza della vita.
Ci sono state polemiche per la XIII Stazione che vedrà sotto la croce una famiglia ucraina e una russa…
Gigi: Non riesco a capire queste polemiche visto che solo il 25 marzo il Papa ha consacrato al Cuore immacolato di Maria sia l’Ucraina sia la Russia. Questa Stazione è il frutto molto alto di quel momento di preghiera che tutto il mondo ha condiviso insieme al Papa. Capisco la complessità della situazione, ma anche qui viene prima la realtà della teoria. Sono due famiglie che si conoscono e si vogliono bene, non seguono logiche diplomatiche ma di amore, di stima, di ricordi, di memoria.