“Li amò fino alla fine” (Gv 13,1). Così lapidariamente l’evangelista Giovanni coglie il senso della cena che Gesù condivide coi suoi a ridosso della Pasqua. È una cena drammatica quell’ultima cena, che si svolge in un tempo di buio e di paura, ma anche di intimità e di convivialità. Gesù sa perfettamente cosa lo attende. Forse pensa alla lapidazione più che alla crocefissione. Non indietreggia, tuttavia, anche se la sua vita è in pericolo. Confida in Dio e basta. Addirittura, al cospetto del traditore si espone ad un estremo gesto di tenerezza e di consegna.
“Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto” (Gv 13, 4-6). Sono 7 i verbi che in modo incalzante descrivono l’azione che lascia tutti sbigottiti. Non solo perché si è nel bel mezzo della cena. Ma per quello che significa. Non un semplice atto di umiltà, ma un gesto profetico, che anticipa nel segno quel che sta per accadergli: cioè la sua morte e la sua resurrezione. Per questo a Pietro che si ribella il Maestro precisa che non c’è niente da aggiungere. “Tutto è puro” e non si ha bisogno di altre abluzioni quando si arriva a questa perfezione dell’amore.
Quando si va oltre la ragionevolezza e la giustizia, l’amore raggiunge il suo vertice e svela la sua cifra.
In effetti, se “mors tua vita mea” è sempre stata la logica insuperabile dell’esperienza umana, qui si capovolge questo assunto che è la terra su cui poggiamo i piedi. E viene svelato un altro… Cielo, quello di Dio, che si sacrifica per l’uomo. Non è dunque l’uomo che fa sacrifici o si sacrifica per Dio, è Dio che si sacrifica per l’uomo.
“Dette queste cose, Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà” (Gv 13, 21). Possiamo immedesimarci nei sentimenti che dilaniano il Maestro dinanzi a Giuda che sta per consegnarlo. Gesù, pure comprensibilmente rattristato, deluso e turbato, non smette di amarlo. E il boccone che offre a Giuda altro non è che il segno estremo di accoglienza e di amore totale. E qui si coglie la vulnerabilità dell’amore che si espone al rischio di essere usato e gettato via.
Questo è anche il senso recondito dell’Eucaristia che è la geniale invenzione di una presenza che va oltre il tempo e si espone al fraintendimento e al disinteresse degli uomini.
Nella preghiera silenziosa di queste ore chiediamo a Gesù che ci faccia comprendere la novità di Dio che si sacrifica come Agnello mansueto, riaprendo la vita degli uomini dalla meschinità. Questa e non altra è la via della pace anche oggi in tempo di una guerra assurda. La pace soltanto Dio sa darla. Perché non la dà come il mondo che sempre la impone dai vincitori ai vinti.
(*) vescovo di Rieti