Siamo al termine del tempo quaresimale e la settimana santa sta iniziando. Guardando il cammino compiuto, viene spontaneo domandarci: come ero all’inizio del percorso e quali elementi ho convertito, custodito, consolidato per rendere la mia vita evangelica? Quali scelte operare, tenendo sempre fermo non solo il punto di partenza ma anche la meta da raggiungere, per essere autentici testimoni del Risorto?
In questa settimana Gesù ci invita a seguirlo passo dopo passo lungo l’ultimo tratto della sua vita. Come è difficile anche per noi credenti seguire Gesù in alcuni momenti faticosi e come la fedeltà a lui oscilla, s’incrina sotto il peso della sofferenza! Quante volte sentiamo risuonare nel cuore la stessa domanda che egli rivolse ai discepoli: “Volete andarvene anche voi?” (Gv 6,67).
Gesù ci chiede di seguirlo fino in fondo anche quando ci entusiasmiamo perché tutto va a gonfie vele o quando siamo in affanno perché la nostra fede vacilla. Nel momento in cui sperimentiamo l’inconsistenza della fede personale, ci chiudiamo nel nostro guscio, ci ritiriamo dalle relazioni, viviamo di compromessi…Sullo sfondo non cerchiamo più la meta da raggiungere nel quotidiano, ci accontentiamo di piccoli espedienti che nutrono il nostro io che cresce in modo abnorme, mentre l’orizzonte della vita sembra restringersi. La fedeltà, l’amore per sempre lasciano spazio all’indifferenza, al ripiegamento su noi stessi.
Guardando Gesù, ci rendiamo conto che prima o poi anche per noi arriva la nostra ora, quella di testimoniare con la vita l’amore senza fine. Siamo consapevoli che la sera dell’ultima cena eravamo presenti anche noi nel cuore di Gesù? Dove ci immaginiamo seduti a tavola?
Se siamo accanto a Giuda ci riconosciamo in lui. Quante volte abbiamo venduto la fedeltà al Signore e al suo Vangelo per pochi denari? Come abbiamo ignorato la presenza di Dio nella nostra vita, per accaparrarci spazi di potere, come scrive Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium? In che modo abbiamo tradito anche le relazioni più significative, pur di difendere il nostro orticello.
Se ci mettiamo accanto a Pietro, ci accorgiamo che tante volte abbiamo rinnegato Gesù come lui. Pietro pianse amaramente e noi talvolta sperimentiamo, anche di fronte all’evidenza, di avere un cuore di pietra. Viviamo a fasi alterne: a seconda delle situazioni ci rendiamo conto di essere sotto lo sguardo di Dio o del proprio io. Quando agiamo istintivamente, non siamo disposti a pagare di persona, troviamo tante argomentazioni per difenderci, per non perdere i consensi. Ci manca la consapevolezza di essere sempre alla presenza del Signore anche quando ce ne dimentichiamo.
Se condividiamo l’esperienza di Giovanni, possiamo appoggiare il capo sul petto di Gesù (cfr. Gv 13,25). É umano sentire questo bisogno, in particolare quando tutto sembra venire meno. Ascoltando il suo cuore, possiamo imparare da lui, nonostante il suo grido rivolto al Padre, a portare avanti con determinazione la missione che gli ha affidato. Gesù sceglie in ogni situazione di mettere il grembiule per servirci, donando il suo corpo e il suo sangue per amore.
Mentre Gesù è inchiodato sulla croce, continua ad amarci: è abbandonato tra le braccia del Padre. Maria e il discepolo che egli amava (Gv 13,23) sono sotto i suoi piedi. E noi siamo scappati come gli altri… Per rimanere sotto la croce bisogna avere la fede, avere curato la relazione con Gesù. Ai piedi di Gesù ancora oggi ci sono i fratelli e le sorelle che subiscono ogni sopruso attraverso la guerra – colpisce che nonostante l’orrore queste persone sono consapevoli di essere davanti al Signore e pregano! -. Ci sono coloro che fuggono dal proprio Paese per trovare la pace e il pane da mangiare, ma anche quelli che vivono ai margini, soli, rifiutati, non amati.
Ma Gesù guarda con amore anche chi è felice, chi custodisce la vita, chi ama con amore eterno come egli ama…Tutti siamo nel suo cuore!
Ci interroga il silenzio del sabato santo: la morte di Gesù si comprende solo con le categorie dell’amore. In questo tempo in cui la società è popolata non da relazioni autentiche, sane, ma competitive, talvolta aggressive, espresse con miriadi di parole usate contro l’altro, con attacchi verbali, Gesù ci insegna a tacitare tutti i megafoni che gridano e incitano distruzione a tutti i livelli. Bisogna partire dalle nostre storie quotidiane, per verificare anche nelle difficoltà se scegliamo di morire per tutti come Cristo, di rimanere anche in silenzio, pur di salvare ogni relazione e custodire la comunione.
Solo seguendo Gesù, possiamo anche noi giungere al giorno di Pasqua e sentire pronunciare dal Risorto il nostro nome, come accadde a Maria di Magdala. Anche a noi chiede solo di amare e di annunciare con la vita il suo amore per sempre per ogni persona.