“Le recenti notizie sulla guerra in Ucraina, anziché portare sollievo e speranza, attestano invece nuove atrocità, come il massacro di di Bucha”. A denunciarlo è stato il Papa, al termine dell’udienza di oggi, prima dei saluti in lingua italiana. “Crudeltà sempre più orrende compiute anche contro civili, donne e bambini inermi”, ha proseguito Francesco: “Sono vittime il cui sangue innocente grida fino al cielo e implora: si metta fine a questa guerra, si facciano tacere le armi, si smetta di seminare morte e distruzione”. “Preghiamo insieme su questo”, l’invito del Papa ai presenti in Aula Paolo VI, che hanno pregato insieme a lui qualche minuto in silenzio. “E ieri, proprio da Bucha, mi hanno portato questa bandiera”, ha rivelato Francesco, che si è alzato in piedi per dispiegarla e farla vedere a tutti. “Questa bandiera viene dalla guerra. Proprio da quella città martoriata, Bucha”, ha spiegato: “E anche qui ci sono qui alcuni bambini ucraini che ci accompagnano. Salutiamoli e preghiamo insieme con loro”.
“Questi bambini sono dovuti fuggire e arrivare a una terra strana”, ha detto il Papa una volta attorniato sul palco dai piccoli: “Questo è uno dei frutti della guerra, non dimentichiamolo. E non dimentichiamo il popolo ucraino”.
Poi il Santo Padre ha distribuito uova di Pasqua ai bambini, e ha commentato: “È duro essere sradicato dalla propria terra per una guerra”. Anche all’inizio della catechesi, dedicata a ripercorrere le tappe del suo viaggio apostolico a Malta, Francesco ha parlato del conflitto in atto, con una denuncia precisa:
“Oggi si parla spesso di geopolitica, ma purtroppo la logica dominante è quella delle strategie degli Stati più potenti per affermare i propri interessi estendendo l’area di influenza economica, ideologica e militare. Lo stiamo vedendo con la guerra”.
Malta rappresenta, in questo quadro, “il diritto e la forza dei piccoli, delle Nazioni piccole ma ricche di storia e di civiltà, che dovrebbero portare avanti un’altra logica: quella del rispetto e della libertà, della convivialità delle differenze, opposta alla colonizzazione dei più potenti”, la tesi del Papa. “Lo stiamo vedendo adesso, e non solo da una parte, anche dall’altra”, ha aggiunto a braccio:
“Dopo la seconda guerra mondiale si è tentato di porre le basi di una nuova storia di pace, ma purtroppo non impariamo: è andata avanti la vecchia storia di grandi potenze concorrenti. E, nell’attuale guerra in Ucraina, assistiamo all’impotenza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite”.
Malta, inoltre, è un luogo-chiave per quanto riguarda il fenomeno delle migrazioni, ha sottolineato Francesco citando l’incontro con i migranti nel Centro di accoglienza Giovanni XXIII. “Non bisogna stancarsi di ascoltare le loro testimonianze, perché solo così si esce dalla visione distorta che spesso circola nei mass-media e si possono riconoscere i volti, le storie, le ferite, i sogni e le speranze di questi migranti”, l’appello: “Ogni migrante è unico, non è un numero, è unico come ognuno di noi: il migrante è una persona con la sua dignità, le sue radici, la sua cultura. Ognuno di essi è portatore di una ricchezza infinitamente più grande dei problemi che pure comporta”.
“E non dimentichiamo che l’Europa è stata fatta dalle migrazioni”, ha aggiunto a braccio. “Certo, l’accoglienza va organizzata, va governata, e prima, molto prima, va progettata insieme, a livello internazionale”, ha precisato il Papa: “Perché il fenomeno migratorio non può essere ridotto a un’emergenza, è un segno dei nostri tempi. E Come tale va letto e interpretato. Può diventare un segno di conflitto, oppure un segno di pace. Dipende come lo prendiamo, dipende da noi”.
Malta, infine, è un laboratorio di pace e un luogo-chiave anche dal punto di vista dell’evangelizzazione. “Da Malta e da Gozo, le due diocesi del Paese, sono partiti tanti sacerdoti e religiosi, ma anche fedeli laici, che hanno portato in tutto il mondo la testimonianza cristiana”, ha ricordato Francesco: “Come se il passaggio di San Paolo avesse lasciato la missione nel DNA dei maltesi! Per questo la mia visita è stata anzitutto un atto di riconoscenza, riconoscenza a Dio e al suo santo popolo fedele che è a Malta e a Gozo”. “Tuttavia, anche lì soffia il vento del secolarismo e della pseudocultura globalizzata a base di consumismo, neocapitalismo e relativismo”, l’analisi del Papa: “Anche lì, perciò, è tempo di nuova evangelizzazione”.
“La gioia della Chiesa è evangelizzare!”, ha esclamato di nuovo Francesco. “Non dimentichiamo questo: è la definizione più bella della Chiesa”, ha ripetuto citando Paolo VI.
Poi il Pontefice ha ringraziato ancora una volta il presidente della Repubblica di Malta, “così cortese e fratello”: “Grazie a lui e alla sua famiglia, al primo ministro e alle altre autorità civili, che mi hanno accolto con tanta gentilezza; come pure ai vescovi e a tutti i membri della comunità ecclesiale, ai volontari e a quanti mi hanno accompagnato con la preghiera”. “Non vorrei trascurare il di Centro di accoglienza Giovanni XXIII”, ha concluso il Papa ancora a braccio: “Lì, col frate francescano che lo porta avanti, ha 91 anni e continua a lavorare così, con i collaboratori della diocesi. È un esempio di zelo apostolico e di amore ai migranti che oggi ci vuole tanto. Noi, con questa visita, seminiamo, ma è il Signore che fa crescere. Che la sua bontà infinita conceda frutti abbondanti di pace e di ogni bene al caro popolo maltese! Grazie al popolo maltese per la sua accoglienza così umana, così cristiana!”.