“Benedetto XVI non ha mentito o consapevolmente deposto il falso”. È quanto stabiliscono i collaboratori di Benedetto XVI – Stefan Mückl, Helmuth Pree, Stefan Korta, Carsten Brennecke – avvocati ed esperti di diritto che lo hanno aiutato a stilare la memoria relativa al rapporto sugli abusi nella diocesi di Monaco e di Frisinga, diffuso il 20 gennaio scorso, e nel quale viene citato il Papa emerito, arcivescovo di Monaco dal 1977 al 1982, prendendo in considerazione anche la gestione negli anni come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Nel rapporto sugli abusi nella diocesi di Monaco e Frisinga si afferma che Joseph Ratzinger, al contrario di quanto da lui sostenuto nella memoria redatta in risposta ai periti, era presente alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980 nella quale si parlò del sacerdote X. E si sostiene che il cardinale Ratzinger avrebbe impiegato questo sacerdote nell’attività pastorale, pur essendo a conoscenza degli abusi da lui commessi, e con ciò avrebbe coperto i suoi abusi sessuali.
Per i collaboratori di Benedetto XVI “ciò non corrisponde al vero”. Secondo le loro verifiche, infatti, Joseph Ratzinger “non era a conoscenza né del fatto che il sacerdote X fosse un abusatore, né che fosse inserito nell’attività pastorale”.Gli atti, inoltre, mostrano che nella riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980 “non si decise l’impiego del sacerdote X per un’attività pastorale e non si trattò del fatto che il sacerdote aveva commesso abusi sessuali: “si trattò esclusivamente della sistemazione del giovane sacerdote X a Monaco di Baviera, perché lì doveva sottoporsi a una terapia. Si corrispose a questa richiesta. Durante la riunione non venne menzionato il motivo della terapia. Nella riunione non venne perciò deciso di impiegare l’abusatore in alcuna attività pastorale”.
“L’affermazione contenuta nella memoria di Benedetto XVI per cui egli non avrebbe preso parte alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980 è effettivamente errata”, ammettono gli esperti, che precisano tuttavia che Benedetto XVI “non ha mentito o consapevolmente deposto il falso”:
i collaboratori del Papa emerito, in particolare, “si sono fidati di una indicazione falsa, inserita per errore, omettendo di chiedere espressamente a Benedetto XVI se egli fosse stato presente a quella riunione. Sulla base dell’erronea trascrizione della verbalizzazione si è supposto invece che Joseph Ratzinger non fosse stato presente. Benché gli premesse verificare sulla base della propria memoria quanto presentato, Benedetto XVI non ha notato l’errore per via dei tempi limitati imposti dai periti, e si è fidato di quanto era scritto, e dunque è stata messa a verbale la sua assenza.
Non si può imputare a Benedetto XVI quest’errore di trascrizione come falsa deposizione consapevole o bugia”.
La presenza di Joseph Ratzinger pertanto era evidente. Inoltre, nel 2010 diversi articoli di stampa riferiscono – senza smentita – della presenza dell’allora cardinale Ratzinger alla riunione. Allo stesso modo, in una biografia di Benedetto XVI pubblicata nel 2020 si legge: “Da vescovo, nel corso di una riunione dell’Ordinariato nel 1980, egli aveva solo acconsentito che il sacerdote in questione potesse venire a Monaco di Baviera per sottoporsi a una psicoterapia” (Peter Seewald, Benedikt XVI, Droemer Verlag 2020, p. 938). Nel rapporto si sostiene inoltre che Benedetto XVI abbia avuto “un comportamento erroneo in altri tre casi”. I collaboratori del Papa emerito smentiscono anche questo fatto, facendo notare che
“in nessuno dei casi analizzati dalla perizia Joseph Ratzinger era a conoscenza di abusi sessuali commessi o del sospetto di abusi sessuali commessi dai sacerdoti”.
La perizia non contiene alcuna prova che corrobori l’accusa di comportamento erroneo o di concorso in copertura. Da arcivescovo il cardinale Ratzinger non fu coinvolto in alcuna copertura di atti di abuso.