La Thailandia è, come noto, un Paese di religione e tradizione buddista. I cattolici sono solo lo 0,5% della popolazione e sono dispersi soprattutto nei piccoli villaggi rurali e di montagna. I thailandesi sanno del Natale tanto quanto noi sappiamo del Visakha Puja day, ossia della solennità del compleanno del Budda. Non ci meraviglia quindi se la gente thai pensa che il Natale sia la festa del compleanno di Babbo Natale. Loro vedono pubblicità, film, centri commerciali, negozi, decorazioni che parlano solo di renne, regali, babbi natale e neve. Tutto fa ridere se pensiamo che a Natale la temperatura in Thailandia, che è stagione invernale, si aggira sui 30 gradi!
I cattolici stessi faticano a smarcarsi dal pensare generale. Anche nelle loro case primeggiamo gli addobbi luminosi, ci si veste da Babbo Natale, si attendono i regali.
È un grande lavoro dei missionari quello di spostare l’attenzione su Gesù. Ed è impegnativo dato che non esistono le statuine del presepio, non ci sono libri che parlino di Gesù, non ci sono tradizioni consolidate, canti, celebrazioni, segni sul Natale del Signore. Le parrocchie si sforzano di avere un presepe grande in chiesa (magari spedito dall’Italia), di fare qualche mega-cartellone pubblicitario da appendere sugli incroci o sulle scuole per ricordare che è la festa di Gesù. Il 25 dicembre non è nemmeno festa nel calendario thailandese e si deve chiedere permesso ai presidi per permettere agli alunni cattolici di stare a casa per partecipare alle celebrazioni. Per fortuna in genere i presidi permettono queste iniziative e non oppongono resistenza.
Nonostante non si riesca a introdurre il segno del presepio nelle famiglie (per mancanza di strumenti) una tradizione che è diventata quasi generale è quella di appendere una stella luminosa (magari fatta di carta velina e bambù) alla porta della casa. Anche nelle parrocchie ci sono delle sfilate, più o meno solenni, con grandi stelle, a ricordo della cometa del presepio. In molti villaggi dove il sacerdote non arriva frequentemente, gli stessi catechisti o le guide della preghiera eseguono con il gruppetto dei cattolici una liturgia natalizia con l’alza-stella.
Non ci sono cibi tipici per l’occasione, a parte dove si riesce a fare una recita natalizia eseguita dai ragazzi e partecipata dalla gente dei vari villaggi vicini. In quel caso si condividono piatti e cibi tipici delle etnie locali, che sono molte e molto diverse sia per costumi, per lingua e per tradizioni.
L’attesa dei regali, purtroppo, è associata al Natale perché proprio in quel periodo, inverno e vicini al capodanno, anche le istituzioni pubbliche fanno dono di coperte, berretti, maglioncini, guanti, calze, biscotti. Gli stessi cattolici sanno ormai che a Natale arrivano i benefattori, i politici, gli industriali, i volontari di organizzazioni e anche le istituzioni religiose a portare pacchetti ai bambini o agli anziani. Ovviamente a nome del Re, del deputato, o del manager di turno. Gesù, in questo caso, proprio non c’entra nulla…
Ambigua ma attesissima è la messa notturna del 24 o del 25 dicembre seguita dalla lotteria parrocchiale e, dove possibile, dalla cena comunitaria. Per un thailandese la festa si esprime essenzialmente così.
Noi missionari abbiamo sempre cercato di far conoscere il significato del Natale: stampiamo piccoli libretti o foglietti da distribuire nei mercati o nei punti di ritrovo della gente; inventiamo modi per mettere in evidenza la scena del Natale con la grotta di Betlemme o con Gesù Bambino. Eppure i cattolici, anche senza molti strumenti, sono contenti che sia Natale e che il bambino Gesù sia messo in evidenza. Fare il presepio fuori dalla chiesa e vicino alla strada richiama moltissime persone che, curiose, chiedono cosa significhi e restano incantate.
(*) missionario padovano, fidei donum per 12 anni nella diocesi di Chiang Mai, in Thailandia