Papa Francesco: “scegliere il dialogo e non le scorciatoie”

Papa Francesco ha dedicato il tradizionale messaggio "Urbi et Orbi" all'urgenza del dialogo, in un mondo che ancora soffre per la pandemia e per le conseguenze dei tragici conflitti che dilaniano il mondo. Nella seconda parte, una preghiera per le donne vittime di violenza, per i bambini e gli adolescenti vittime di abusi e bullismo, per gli anziani soli e per tutti coloro che vivon0 situazioni di fragilità.

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Dio non vuole fare un monologo, ma un dialogo”. È il presupposto e il tema intorno a cui ruota il Messaggio “Urbi et Orbi” di Papa Francesco. Dalla Loggia centrale della basilica di San Pietro, il Santo Padre nella prima parte si è soffermato sulle crisi e i conflitti che dilaniano il mondo – dal popolo siriano all’Iraq, dallo Yemen al Libano e alla Terra Santa, senza dimenticare la crisi in Ucraina e il Myanmar, l’Afghanistan, l’Etiopia e i Paesi del Nord Africa – e nella seconda si è rivolto in forma di preghiera ai più fragili, a tutte le vittime che vedono violata la propria dignità: donne vittime di violenza, bambini vittime di abusi e di bullismo, anziani soli, famiglie in difficoltà, malati. Nel secondo natale di pandemia da Covid-19, il Papa ha chiesto inoltre di “trovare le soluzioni più idonee per superare la crisi sanitaria e le sue conseguenze”, assicurando il vaccino alle persone più bisognose. “Non ci lasciare indifferenti di fronte al dramma dei migranti, dei profughi e dei rifugiati”, l’ennesimo appello di Bergoglio, che nella parte finale del Messaggio ha toccato ancora una volta uno demi portanti del pontificato, mentre le cronache ci pongono davanti agli occhi altri drammatici sbarchi, naufragi o tentativi di approdo in terre più sicure. “I loro occhi ci chiedono di non girarci dall’altra parte”, l’invito di Francesco, che nella sua supplica ha chiesto anche di renderci “premurosi verso la nostra casa comune, anch’essa sofferente per l’incuria con cui spesso la trattiamo”.

“A livello internazionale c’è il rischio di non voler dialogare, il rischio che la crisi complessa induca a scegliere scorciatoie piuttosto che le strade più lunghe del dialogo”, l’analisi del Papa: “ma queste sole, in realtà, conducono alla soluzione dei conflitti e a benefici condivisi e duraturi”.

“Mentre risuona intorno a noi e nel mondo intero l’annuncio della nascita del Salvatore, sorgente della vera pace, vediamo ancora tanti conflitti, crisi e contraddizioni”, lo sguardo all’attualità: “Sembrano non finire mai e quasi non ce ne accorgiamo più”, la denuncia: “Ci siamo abituati a tal punto che immense tragedie passano ormai sotto silenzio; rischiamo di non sentire il grido di dolore e di disperazione di tanti nostri fratelli e sorelle”. “Pensiamo al popolo siriano, che vive da oltre un decennio una guerra che ha provocato molte vittime e un numero incalcolabile di profughi”, il primo esempio scelto da Francesco, che ha snocciolato i più tragici conflitti in atto nel mondo”: l’Iraq, “che fatica ancora a rialzarsi dopo un lungo conflitto”; i bambini dello Yemen, “dove un’immane tragedia, dimenticata da tutti, da anni si sta consumando in silenzio, provocando morti ogni giorno”. “Ricordiamo le continue tensioni tra israeliani e palestinesi, che si trascinano senza soluzione, con sempre maggiori conseguenze sociali e politiche”, il cenno alla Terra Santa: “Non dimentichiamoci di Betlemme, il luogo in cui Gesù ha visto la luce e che vive tempi difficili anche per i disagi economici dovuti alla pandemia, che impedisce ai pellegrini di raggiungere la Terra Santa, con effetti negativi sulla vita della popolazione”. Infine il riferimento al Libano,  “che soffre una crisi senza precedenti con condizioni economiche e sociali molto preoccupanti”.

“Oggi, ‘l’amor che move il sole e l’altre stelle’, come dice Dante, si è fatto carne”. Il Papa ha scelto il sommo poeta italiano per aprire i cuori alla speranza. “Bambino Gesù, dona pace e concordia al Medio Oriente e al mondo intero”, 

la sua preghiera: “Sostieni quanti sono impegnati a dare assistenza umanitaria alle popolazioni costrette a fuggire dalla loro patria; conforta il popolo afgano, che da oltre quarant’anni è messo a dura prova da conflitti che hanno spinto molti a lasciare il Paese. Aiuta le autorità politiche a pacificare le società sconvolte da tensioni e contrasti. Sostieni il popolo del Myanmar, dove intolleranza e violenza colpiscono non di rado anche la comunità cristiana e i luoghi di culto, e oscurano il volto pacifico di quella popolazione. Sii luce e sostegno per chi crede e opera, andando anche controcorrente, in favore dell’incontro e del dialogo, e non permettere che dilaghino in Ucraina le metastasi di un conflitto incancrenito”. “Assisti l’Etiopia nel ritrovare la via della riconciliazione e della pace attraverso un confronto sincero che metta al primo posto le esigenze della popolazione”, ha proseguito Francesco: “Ascolta il grido delle popolazioni della regione del Sahel, che sperimentano la violenza del terrorismo internazionale. Volgi lo sguardo ai popoli dei Paesi del Nord Africa che sono afflitti dalle divisioni, dalla disoccupazione e dalla disparità economica; e allevia le sofferenze dei tanti fratelli e sorelle che soffrono per i conflitti interni in Sudan e Sud Sudan. Fa’ che prevalgano nei cuori dei popoli del continente americano i valori della solidarietà, della riconciliazione e della pacifica convivenza, attraverso il dialogo, il rispetto reciproco e il riconoscimento dei diritti e dei valori culturali di tutti gli esseri umani”.

“Figlio di Dio, conforta le vittime della violenza nei confronti delle donne che dilaga in questo tempo di pandemia”.

È la supplica del Papa, che nella seconda parte del messaggio ha rivolto il suo pensiero a tutti coloro che vivono situazioni di fragilità: i bambini e gli adolescenti vittime di abusi, gli anziani, specialmente quelli più soli, le famiglie in difficoltà,  i malati. “Ricompensa tutti coloro che mostrano attenzione e dedizione nel prendersi cura dei familiari, degli ammalati e dei più deboli”, l’invocazione di Francesco: “Consenti di fare presto ritorno a casa ai tanti prigionieri di guerra, civili e militari, dei recenti conflitti, e a quanti sono incarcerati per ragioni politiche”.

 

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