Un sostantivo – servizio – e il relativo verbo: servire. Così padre Federico Lombardi riassume la sua attività di comunicatore di lungo corso, al servizio di tre Papi per 25 anni, alla guida di Radio Vaticana, del Centro Televisivo Vaticano e della Sala Stampa della Santa Sede. Nel suo ultimo libro “Papi, Vaticano, Comunicazione” (Ancora-La Civiltà Cattolica) ciò che colpisce e sorprende il lettore è l’umiltà del tratto, quasi la volontà di “nascondimento” da parte di colui che è stato testimone ma anche protagonista di tre decenni di informazione vaticana in ruoli di governo. Un esempio per tutti: la distinzione, fondamentale per l’autore, tra il ruolo di “portavoce vaticano” e quello di “direttore della Sala Stampa della Santa Sede”, come preferiva essere definito dai giornalisti nei dieci anni in cui ha ricoperto quel ruolo. “Il Papa parlava pubblicamente e continuamente in modo molto chiaro, non aveva bisogno di uno che parlasse al suo posto e quindi non dovevo sovrappormi a lui”, ha spiegato a proposito dell’avvicendamento tra lui e il suo predecessore: “Dovevo fare piuttosto un servizio ausiliario per l’attività e l’insegnamento del Papa, con informazioni ed eventuali chiarimenti, e dovevo seguire vari altri aspetti della realtà vaticana che non riguardavano direttamente la persona del Papa, ma persone e istituzioni che collaboravano con lui, organismi della Curia e così via”. Alcuni hanno mal compreso queste parole, riportate nel libro, interpretandole come una sorta di presa di distanza da Joaquìn Navarro Valls, a cui invece Lombardi dedica pagine di intenso omaggio, per la personalità, la professionalità, la fedeltà alla Chiesa con cui si è reso interprete del pontificato di Giovanni Paolo II, meritandosi a pieno titolo la qualifica di portavoce del Papa. Per cercare di far comprendere la complessità e l’essenza della comunicazione vaticana, Lombardi utilizza la sua tesi delle differenti “costellazioni”:
“Mi sembra – scrive – che in determinati tempi anche nel governo della Chiesa si formino ‘costellazioni’, in cui diverse personalità brillano di una propria luce, ma il valore e il significato del loro servizio – il disegno complessivo che ne risulta – dipendono dalle loro posizioni e relazioni rispettive.
Così, il Papa è il superiore indiscusso, la stella di prima grandezza, ma non vive e non governa da solo, bensì con molti collaboratori: il segretario di Stato, il sostituto, il segretario personale, alcuni capi Dicastero molto ascoltati e autorevoli, il prefetto della Casa pontificia responsabile delle udienze pubbliche, l’organizzatore dei viaggi papali e così via… E naturalmente la persona a cui affida la maggiore responsabilità nella comunicazione. Le relazioni reciproche che si stabiliscono fra queste persone dipendono non solo dalle loro funzioni, ma anche in gran parte della personalità stessa del Papa, dal suo stile di governo e dalle diverse personalità dei collaboratori”. C’è una cosa, però, che le differenti “costellazioni” della galassia vaticana hanno in comune, ed è cruciale tenerla presente:
“Non c’è da una parte il governo e dall’altra la comunicazione – spiega l’autore del volume – come due mondi estrinseci l’uno all’altro, o come due tappe non integrate e solo successive l’una all’altra; perché le decisioni del governo e la loro formulazione, o i documenti che ne esprimono gli orientamenti, continuano naturalmente nella loro comunicazione; comunicazione che alla fine è in un certo senso uno strumento di governo”.
“Ho servito tre Papi – Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco – tre storie diverse, tre personalità eccezionali, tre modi di comunicare, ma sempre persone credibili, autorevoli per coerenza di parola e di vita, che non hanno cercato il favore dei media ma che sono rimaste se stesse di fronte ai media a costo della impopolarità, e quindi degne di grande rispetto da parte dei comunicatori”. Padre Lombardi spiega in questi termini le dimensioni del suo servizio, che “richiedeva continuamente di mettermi in sintonia con loro e con lo spirito del loro pontificato. Ho cercato di vivere il mio compito
non come elaboratore di strategie, ma come servitore dell’annuncio del Vangelo attraverso il servizio del primo servitore del Vangelo che è il Papa”.
“Ho sempre pensato – confessa sul finire del libro – che il mio servizio era un servizio eccezionalmente bello e privilegiato, poiché ero al servizio di una comunicazione positiva, costituita in massima parte di messaggi di amore, di speranza, di solidarietà, di dignità delle persone, di crescita umana, di perdono, di pace… E anche quando si trattava della comunicazione di moniti, di richiami, di messa in guardia da rischi, di condanne dure di crimini ed ingiustizie, ciò era sempre invariabilmente per il bene di tutti. Che cosa di più grande e bello potevo desiderare di fare?”.