Il primo e più grande dovere per i cristiani riguardo alla propria vocazione è quello di ricordare che la santità non è un lusso per pochi ma un semplice dovere per tutti e se tutti siamo chiamati alla santità vuol dire che questa è possibile, praticabile, raggiungibile. Il Concilio ricorda a tutti i battezzati che; “nei vari generi di vita e nelle varie professioni un’unica santità è praticata da tutti coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio e seguono Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria”. Queste parole sono molto importanti perché ci dicono che al centro della riflessione ecclesiale sulla santità non ci sono “i santi” ma c’è “il Santo”; Gesù. In lui il Dio vivente si è fatto vicino, visibile, ascoltabile, toccabile, tutta l’esistenza cristiana conosce un’unica suprema legge, quella che Paolo esprime in una formula che ricorre in tutti i suoi scritti: “in Cristo Gesù”.
La santità, la pienezza della vita cristiana non consiste nel compiere imprese straordinarie, ma nell’unirsi a Cristo, nel vivere i suoi misteri, nel fare nostri i suoi atteggiamenti, i suoi pensieri, i suoi comportamenti. La misura della santità è data dalla statura che Gesù Cristo raggiunge in noi, da quanto, con la forza dello Spirito Santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua.
Ma a che cosa serve ricordare i santi? I santi prima di tutto sono uomini credibili, sono la risposta più credibile alla mancanza di fede e alla deriva spirituale di questo nostro tempo. Appartengono a tutte le età e ad ogni stato di vita, sono volti concreti di ogni popolo, lingua e nazione e soprattutto sono personalità molto diverse. Essi ci dicono che è possibile per tutti percorrere questa strada. Tutti abbiamo conosciuto nella nostra vita dei santi, che magari non saranno mai canonizzati ma che ci hanno confermato che la fede è credibile, che forse un Dio c’è e si prende cura di noi. Questi “santi della porta accanto” come ricorda papa Francesco, insieme a quelli canonizzati che amiamo e veneriamo, sono veri e propri “indicatori di strada”, anche i santi più semplici, cioè le persone buone che abbiamo conosciuto nella nostra vita, che non saranno mai canonizzate.
Benedetto XVI in una celebre catechesi sul significato della santità cristiana ebbe a dire a questo proposito che: “I Santi sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedono la verità della fede. Questa bontà, che hanno maturato nella fede della Chiesa, è per me la più sicura apologia del cristianesimo e il segno di dove sia la verità”.
Il cristianesimo, più che per i predicatori, è credibile perché ci sono i santi. La Chiesa stessa cresce da sempre per attrazione e non per proselitismo. Mille bravi annunciatori non possono ottenere ciò che ottiene un Santo da solo. Paolo VI ha più volte sottolineato che: “l’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri”. Nella storia millenaria della Chiesa sono sempre stati i testimoni che hanno confermano i maestri e non il contrario. Il giorno in cui Madre Teresa di Calcutta morì, centinaia di persone che si definivano atee si recarono da ogni parte del mondo a Calcutta, molti di loro tornando nei loro Paesi, testimoniarono di non essere più troppo sicuri della totale inesistenza di Dio. Questa è la testimonianza che un uomo e una donna quando sono credibili nel vivere la loro appartenenza a Cristo realizzano nel silenzio la sua stessa missione. La santità è e sarà sempre la risposta più credibile alla mancanza di fede e alla deriva spirituale di cui siamo spesso spettatori impotenti.