Papa all’udienza: “Riscoprire la dimensione comunitaria della libertà”

Papa Francesco ha dedicato ancora una volta l'udienza generale al tema della libertà cristiana, che non è "la libertà egoistica di fare quello che voglio"

Foto Calvarese/SIR

“Soprattutto in questo momento storico, abbiamo bisogno di riscoprire la dimensione comunitaria, non individualistica, della libertà: la pandemia ci ha insegnato che abbiamo bisogno gli uni degli altri, ma non basta saperlo, occorre sceglierlo ogni giorno concretamente”. Si è conclusa con questo appello la catechesi dell’udienza di oggi, svoltasi in Aula Paolo VI e dedicata ancora una volta al tema della libertà cristiana, sulla scorta della Lettera di San Paolo ai Galati. “Decidere su quella strada”, l’invito finale di Francesco: “Diciamo e crediamo che gli altri non sono un ostacolo alla mia libertà, ma la possibilità per realizzarla pienamente. Perché la nostra libertà nasce dall’amore di Dio e cresce nella carità”. “Questo è il test”, ha spiegato il Papa: “se la libertà non è a servizio del bene rischia di essere sterile e non portare frutto. Invece, la libertà animata dall’amore conduce verso i poveri, riconoscendo nei loro volti quello di Cristo”. Francesco, in particolare, ha stigmatizzato “una delle concezioni moderne più diffuse sulla libertà: “la mia libertà finisce dove comincia la tua”. “Ma qui manca la relazione, il rapporto!”, ha esclamato: “È una visione individualistica. Invece, chi ha ricevuto il dono della liberazione operata da Gesù non può pensare che la libertà consista nello stare lontano dagli altri, sentendoli come fastidi, non può vedere l’essere umano arroccato in sé stesso, ma sempre inserito in una comunità. La dimensione sociale è fondamentale per i cristiani, e consente loro di guardare al bene comune e non all’interesse privato”.

“La libertà non è un vivere libertino, secondo la carne ovvero secondo l’istinto, le voglie individuali e le proprie pulsioni egoistiche”,

l’esordio del Papa: “al contrario, la libertà di Gesù ci conduce a essere – scrive l’apostolo – a servizio gli uni degli altri”. “Ma questo è schiavitù”, l’obiezione a braccio: “Sì, la libertà in Cristo ha qualche dimensione di schiavitù, che ci porta al servizio, a vivere per gli altri. La vera libertà, in altre parole, si esprime pienamente nella carità”. “Ancora una volta ci troviamo davanti al paradosso del Vangelo”, il commento del Papa:

”siamo liberi nel servire, non nel fare quello che noi vogliamo; ci troviamo pienamente nella misura in cui ci doniamo, abbiamo il coraggio di donarci; possediamo la vita se la perdiamo. Questo è Vangelo puro”.

“Non c’è libertà senza amore: la libertà egoistica di fare quello che voglio non è libertà, perché torna su se stessa, non è feconda”, incalza Francesco: “È l’amore di Cristo che ci ha liberati ed è ancora l’amore che ci libera dalla schiavitù peggiore, quella del nostro io”. La libertà cresce con l’amore, ma

“non con l’amore intimistico, da telenovela, non con la passione che ricerca semplicemente quello che ci va e ci piace, ma con l’amore che vediamo in Cristo, la carità: questo è l’amore veramente libero e liberante”.

La libertà intesa come “fare quello che pare e piace”, invece, “senza un fine e senza riferimenti, sarebbe una libertà vuota, una libertà da circo, non va”, il monito: “E infatti lascia il vuoto dentro: quante volte, dopo aver seguito solo l’istinto, ci accorgiamo di restare con un grande vuoto dentro e di aver usato male il tesoro della nostra libertà, la bellezza di poter scegliere il vero bene per noi e per gli altri. Solo questa libertà è piena, concreta, e ci inserisce nella vita reale di ogni giorno”.

“Nessuno cerchi il proprio interesse, ma quello degli altri’”:

è questa, per San Paolo, “la regola per smascherare qualsiasi libertà egoistica. A chi è tentato di ridurre la libertà solo ai propri gusti, Paolo pone dinanzi l’esigenza dell’amore. La libertà guidata dall’amore è l’unica che rende liberi gli altri e noi stessi, che sa ascoltare senza imporre, che sa voler bene senza costringere, che edifica e non distrugge, che non sfrutta gli altri per i propri comodi e fa loro del bene senza ricercare il proprio utile”.

 

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