Nel mondo della scuola l’emergenza sanitaria ha accentuato vecchi divari e ne ha fatti scoprire di nuovi, ma al tempo stesso è stata l’occasione per consolidare vecchie alleanze o avviarne di nuove, nella logica del Patto educativo globale promosso da Papa Francesco. Ed è proprio la combinazione di divari e alleanze la chiave di volta del XXIII Rapporto sulla scuola cattolica in Italia, realizzato come ogni anno dal Centro studi per la scuola cattolica (Cssc) della Conferenza episcopale italiana e uscito presso l’editrice Scholé in coincidenza con l’inizio del nuovo anno scolastico. “Fare scuola dopo l’emergenza”, il titolo dell’indagine, dedicata all’esperienza delle scuole cattoliche durante la pandemia di Covid-19.
Un’emergenza affrontata con grande serietà. Lo dimostra anche la definizione di una Prassi di riferimento, che la Fidae (Federazione delle scuole cattoliche primarie e secondarie) è riuscita a far approvare dall’Uni (Ente italiano di normazione) per disciplinare la vita scolastica in condizioni di emergenza e di ordinaria amministrazione, mettendo così a disposizione anche delle scuole statali uno strumento utile e concreto.
Dal Rapporto emergono dati incoraggianti quasi solo dalle scuole del Centro-Nord, mentre il Sud continua a mostrare preoccupanti segnali di crisi, sebbenela pandemia – tra le tante cose – sembri avere fatto riscoprire alle famiglie i pregi delle scuole cattoliche,che, tra quelle che possono dirsi tali a norma di diritto canonico e quelle che si dichiarano di ispirazione cristiana, costituiscono, secondo gli ultimi dati resi noti dal ministero dell’Istruzione, il 62,9% delle paritarie. Le scuole cattoliche di ogni ordine e grado
sono complessivamente 7.859 (+ 47 rispetto all’anno precedente) per un totale di 544.779 alunni (+2.675 rispetto all’anno precedente).
Di queste scuole, 5.732 sono d’infanzia; 1.028 primarie; 515 secondarie di primo grado; 584 secondarie di secondo grado. Gli alunni con cittadinanza non italiana continuano a crescere: sono 31.116, il 5,7% del totale, come pure crescono gli alunni con disabilità arrivati all’1,6%, per un totale di 8.756. Gli insegnanti in servizio sono 54.387, anch’essi in aumento rispetto all’anno precedente; quasi la metà (25.434) negli istituti d’infanzia; quasi 13mila nella primaria, quasi 8mila nella secondaria di primo grado e più di 8mila nella secondaria di secondo grado. Per quanto riguarda la distribuzione geografica quasi sei scuole su dieci (59,7%) si collocano al Nord. Per i curatori del Rapporto non si può parlare di inversione di tendenza, ma è innegabile la maggiore fiducia delle famiglie nei confronti delle scuole cattoliche. A giocare a favore i numeri limitati degli alunni che ne hanno consentito il distanziamento in sicurezza e la cura educativa che da sempre le caratterizza. Per mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università cattolica e presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, la sfida al mondo dell’educazione “è impegnativa e non può essere risolta rapidamente, ma dobbiamo tutti sentirci coinvolti” nel “progetto di ampio respiro” lanciato da Papa Francesco con il Patto educativo globale. La crisi, avverte il vescovo nella presentazione del Rapporto, “può essere un’opportunità di rinnovamento e non si può pensare di tornare solo alla condizione precedente, con tutti i suoi limiti e le sue ingiustizie”. Questi elementi “confermano l’importanza di un Patto educativo globale, e ci sollecitano un rinnovato impegno per il prossimo futuro”. Per quanto le compete, sostiene mons. Giuliodori,
“la scuola cattolica deve fare proprie le parole del Papa e darsi da fare con convinzione in questa rifondazione del modello educativo e culturale”.
Del resto, chiosa, “le scuole cattoliche possono dire di applicare da sempre almeno alcuni degli obiettivi” che papa Francesco propone: “la centralità della persona, l’ascolto dei più piccoli, la piena partecipazione delle bambine, il riconosciuto ruolo educativo della famiglia, l’accoglienza dei più deboli sono sicuramente parte del progetto educativo delle nostre scuole”.
“Al netto dei lutti e delle sofferenze personali, ci sentiamo di essere ottimisti per il futuro della nostra scuola”,
afferma Sergio Cicatelli, coordinatore scientifico Cssc, secondo il quale “essere sopravvissuti a questa drammatica esperienza deve farci guardare con fiducia alle possibilità di ripresa, non per le risorse materiali in vario modo disponibili, ma per la riserva di energia spirituale venuta alla luce nei momenti più difficili e che potrà accompagnarci nei prossimi anni”. “Lo scossone della pandemia – prosegue – ha costretto tutte le scuole a ripensare se stesse e il proprio modo di lavorare”. Accanto a esperienze dolorose e faticose, hanno visto la luce “forme nuove di generosità, solidarietà e impegno”. E’ da qui, secondo il coordinatore Cssc, che occorre ripartire
muovendosi “con autonomia in una logica di sussidiarietà”.
Autonomia scolastica, dunque, come strumento privilegiato per mettere a frutto le risorse umane e materiali emerse, creare nuove alleanze e ricostruire il sistema a partire dalle esperienze vissute. “Nulla – conclude Cicatelli – sarà semplicemente come prima, perché disponiamo ora di strumenti per andare avanti meglio di quanto si sia fatto in passato”.