“Con la verità del Vangelo non si può negoziare. Non si scende a compromessi”, perché la fede “è salvezza, è incontro, è redenzione, non si vende a buon mercato”. Lo ha spiegato il Papa, che oggi ha ripreso le udienze del mercoledì in Aula Paolo VI, salutato dagli applausi dei fedeli al suo ingresso, all’inizio e alla fine della catechesi, infarcita di interventi a braccio. Al termine dell’udienza, un appello alla comunità internazionale, affinché aiuti il Libano “con gesti concreti”, e non soltanto a parole. A cominciare dalla conferenza in via di svolgimento promossa dalla Francia e dalle Nazioni Unite.
La situazione descritta all’inizio della Lettera ai Galati, ha osservato Francesco nella catechesi, “appare paradossale, perché tutti i soggetti in questione sembrano animati da buoni sentimenti”: “I Galati che danno ascolto ai nuovi missionari pensano che con la circoncisione potranno essere ancora più dediti alla volontà di Dio e quindi essere ancora più graditi a Paolo. I nemici di Paolo sembrano essere animati dalla fedeltà alla tradizione ricevuta dai padri e ritengono che la fede genuina consista nell’osservanza della legge. Davanti a questa somma fedeltà giustificano perfino le insinuazioni e i sospetti su Paolo, ritenuto poco ortodosso nei confronti della tradizione”.
“La novità del Vangelo è una novità radicale, non è una novità passeggera”, il monito del Papa: “Non ci sono vangeli alla moda, il Vangelo è sempre nuovo, è la novità”.
Ecco perché “è importante saper discernere”, come fa Paolo con i Galati, nei confronti de quali utilizza “termini molto duri”: “Per due volte usa l’espressione ‘anatema’, che indica l’esigenza di tenere lontano dalla comunità ciò che minaccia le sue fondamenta. E questo nuovo vangelo minaccia le fondamenta della comunità”. “In questo labirinto di buone intenzioni è necessario districarsi”, la tesi di Francesco:
“Tante volte abbiamo visto nella storia, e anche vediamo oggi, qualche movimento che predica il Vangelo con una modalità propria, delle volte con carismi veri propri, ma poi esagera e riduce tutto il Vangelo al movimento”. “Ma questo non è il vangelo di Cristo”, l’obiezione: “È il vangelo del fondatore, della fondatrice, e potrà aiutare all’inizio, ma alla fine non fa frutti con radice profonda. Per questo, la parola chiara e decisa di Paolo fu salutare per i Galati ed è salutare anche per noi. Il Vangelo è il dono di cristo a noi, è lui stesso a rivelarlo: è quello che ci dà vita”.
Il mestiere di Paolo, la sua vocazione, è annunciare: “Si comprende quindi la tristezza, la delusione e perfino l’amara ironia dell’apostolo nei confronti dei Galati, che ai suoi occhi stanno prendendo una strada sbagliata, che li porterà a un punto di non ritorno”.
Il Vangelo, infatti, “è uno solo ed è quello che lui ha annunciato; un altro non può essere. È l’unico autentico, perché è quello di Gesù Cristo”.
“Davanti a un dono così grande che è stato fatto ai Galati, l’Apostolo non riesce a spiegarsi come mai essi stiano pensando di accogliere un altro vangelo”, ha commentato il Papa: “Forse più sofisticato, più intellettuale, ma un altro Vangelo. La predicazione compiuta dai nuovi missionari non può essere il Vangelo. Anzi, è un annuncio che stravolge il vero Vangelo perché impedisce di raggiungere la libertà acquisita venendo alla fede”. I Galati, in altre parole, “sono ancora ‘principianti’ e il loro disorientamento è comprensibile. Non conoscono ancora la complessità della legge mosaica e l’entusiasmo nell’abbracciare la fede in Cristo li spinge a dare ascolto ai nuovi predicatori, illudendosi che il loro messaggio sia complementare a quello di Paolo. E non è così. L’apostolo, però, non può rischiare che si creino compromessi su un terreno così decisivo”.