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Papa Francesco: “Il Libano è, e deve restare, un progetto di pace”

Papa Francesco ha concluso la Giornata di preghiera e di riflessione per il Libano, dalla basilica di San Pietro, lanciando un messaggio forte e chiaro per il futuro di pace del Paese: "Basta ai tornaconti di pochi sulla pelle di molti! Basta al prevalere delle verità di parte sulle speranze della gente! Basta usare il Libano e il Medio Oriente per interessi e profitti estranei! Occorre dare ai libanesi la possibilità di essere protagonisti di un futuro migliore, nella loro terra e senza indebite interferenze”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Il Libano  “non può essere lasciato in balia della sorte o di chi persegue senza scrupoli i propri interessi”. Perché non è solo un piccolo-grande Paese, è di più: “È un messaggio universale di pace e di fratellanza che si leva dal Medio Oriente”. Ne è convinto il Papa, che a conclusione della preghiera ecumenica nella basilica di San Pietro, tappa finale della Giornata di riflessione e di preghiera per il Libano, ha lanciato un messaggio sotto forma di discorso agli abitanti del Paese dei cedri.

“In questi tempi di sventura vogliamo affermare con tutte le forze che il Libano è, e deve restare, un progetto di pace”,

l’appello di Francesco, che ha ripetuto le parole pronunciate a Bari il 7 luglio del 2018:  “È essenziale che chi detiene il potere si ponga finalmente e decisamente al vero servizio della pace e non dei propri interessi. Basta ai tornaconti di pochi sulla pelle di molti! Basta al prevalere delle verità di parte sulle speranze della gente! Basta usare il Libano e il Medio Oriente per interessi e profitti estranei! Occorre dare ai libanesi la possibilità di essere protagonisti di un futuro migliore, nella loro terra e senza indebite interferenze”.

Dalla basilica di San Pietro è risuonato, prima di tutto, un “mea culpa” per le “opacità” nel cammino ecumenico: “gli sbagli commessi quando non abbiamo testimoniato il Vangelo con coerenza e fino in fondo, le occasioni perse sulla via della fraternità, della riconciliazione e della piena unità. Di questo chiediamo perdono e con il cuore contrito diciamo: ‘Pietà, Signore!’. Un grido, questo, che nel vangelo era il grido di una donna, e che oggi  “è diventato oggi quello di un intero popolo, il popolo libanese deluso e spossato, bisognoso di certezze, di speranza, di pace”.

La vocazione del Libano “è quella di essere una terra di tolleranza e di pluralismo, un’oasi di fraternità dove religioni e confessioni differenti si incontrano, dove comunità diverse convivono anteponendo il bene comune ai vantaggi particolari”. “Non desistiamo, non stanchiamoci di implorare dal Cielo quella pace che gli uomini faticano a costruire in terra”, il monito: “Chiediamola insistentemente per il Medio Oriente e per il Libano”.

“Voi, cari libanesi, vi siete distinti nel corso dei secoli, anche nei momenti più difficili, per intraprendenza e operosità, l’omaggio di Francesco: “Radicatevi nei sogni di pace dei vostri anziani”, la raccomandazione, unita ad un quadruplice invito: “A voi, cittadini: non vi scoraggiate, non perdetevi d’animo, ritrovate nelle radici della vostra storia la speranza di germogliare nuovamente. A voi, dirigenti politici: perché, secondo le vostre responsabilità, troviate soluzioni urgenti e stabili alla crisi economica, sociale e politica attuale, ricordando che non c’è pace senza giustizia. A voi, cari libanesi della diaspora: perché mettiate a servizio della vostra patria le energie e le risorse migliori di cui disponete. A voi, membri della comunità internazionale: con uno sforzo congiunto, siano poste le condizioni affinché il Paese non sprofondi, ma avvii un cammino di ripresa. Sarà un bene per tutti”.

“Come cristiani, oggi vogliamo rinnovare il nostro impegno a edificare un futuro insieme, perché l’avvenire sarà pacifico solo se sarà comune”,

l’impegno assunto dal Papa e dai principali rappresentanti delle comunità cristiane in Libano. “Noi cristiani siamo chiamati a essere seminatori di pace e artigiani di fraternità, a non vivere di rancori e rimorsi passati, a non fuggire le responsabilità del presente, a coltivare uno sguardo di speranza sul futuro”, insieme “ai fratelli e alle sorelle musulmani e di altre religioni”. Una pace, ha spiegato Francesco adoperando le sue parole durante l’incontro interreligioso nella Piana di Ur, in Iraq, che “non chiede vincitori né vinti, ma fratelli e sorelle che, nonostante le incomprensioni e le ferite del passato, camminino dal conflitto all’unità”.

“Oltre la nera cortina della notte c’è un’alba che ci aspetta”.

Il Papa ha concluso il suo discorso-messaggio al Libano prendendo in prestito e parole “piene di speranza” del poeta Gibran, che rappresentano un invito naturale a guardare ai giovani, “lampade che ardono in quest’ora buia”, per costruire un futuro che ha gli occhi dei bambini: “luminosi, ma rigati da troppe lacrime”. Sono le donne, infine, le altre luci che risplendono sull’orizzonte del Libano:

“Le donne sono generatrici di vita e di speranza per tutti; siano rispettate, valorizzate e coinvolte nei processi decisionali del Libano”.

“Per giungere all’alba non c’è altra via se non la notte”, insegna Gibran: “E nella notte della crisi occorre restare uniti. Insieme, attraverso l’onestà del dialogo e la sincerità delle intenzioni, si può portare luce nelle zone buie”. “Si dilegui la notte dei conflitti e risorga un’alba di speranza”, l’auspicio finale di Francesco: “Cessino le animosità, tramontino i dissidi, e il Libano torni a irradiare la luce della pace”.

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