Partecipare attivamente alla Giornata per la Carità del Papa è “una questione di cuore: che si dilata, che accelera la sua corsa per sostenere uno sforzo, che porta linfa fino alle periferie, che irrora e diffonde calore”. Lo scrive mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, nella lettera arrivata in tutte le parrocchie insieme ad Avvenire per sensibilizzare al tradizionale appuntamento del 27 giugno, tornato alla sua collocazione abituale dopo lo spostamento di data dell’anno scorso legato all’evoluzione della pandemia. “Un modo semplice per prenderci cura degli altri, proprio come accadeva nella Chiesa primitiva, e per far sì che i nostri cuori battano all’unisono”, prosegue Russo: “In questo anno segnato dal dolore e dal lutto, il cuore del Papa ha restituito una speranza a persone stanche e debilitate dagli affanni e dall’incertezza: a Roma, in Italia e negli angoli più lontani del mondo, in quelli nascosti e spesso dimenticati”. “Si è più beati nel dare che nel ricevere” (At 20, 35), il tema della Giornata di quest’anno, promossa dalla Cei in collaborazione con l’Obolo di San Pietro e Avvenire. L’invito ai parroci e ai loro collaboratori è di esporre i manifesti e sensibilizzare la gente realizzando la colletta per la Carità del Papa durante le Messe di domenica 27 giugno.
Un atto di generosità, che può essere fatto in ogni momento dell’anno,
sotto forma di donazione, per sostenere l’attività di magistero e di guida della Chiesa universale del Santo Padre, che ha un doppio profilo: apostolico e caritativo. È l’Obolo di San Pietro, una pratica antica quanto la Chiesa, e che la Chiesa celebra con la Giornata per la carità del Papa. Comunione con il Papa e attenzione alle necessità dei fratelli: sono i due binari in cui si esprime il valore allo stesso simbolico e pratico di questa forma di solidarietà verso coloro che hanno più bisogno nel mondo, a cui ciascuno di noi può contribuire. Basta un “clic” sul sito per trovare tutte le informazioni utili sulla modalità in cui far pervenire la propria offerta, con la quale i fedeli partecipano alle iniziative di bene del vescovo di Roma nei confronti della Chiesa universale.
Furono gli anglosassoni, alla fine del secolo VIII, dopo la loro conversione, a decidere di inviare in maniera stabile un contributo annuale al Papa per le sue attività di vescovo di Roma. Nacque così il “Denarius Sancti Petri” (Elemosina a San Pietro), che ben presto si diffuse nei Paesi europei. L’Obolo di San Pietro, come si chiama oggi, ha però origini ben più antiche: nasce con lo stesso cristianesimo – come si legge negli Atti degli Apostoli – la pratica di sostenere materialmente coloro che hanno la missione di annunciare il Vangelo, perché possano impegnarsi interamente nel loro ministero, prendendosi anche cura dei più bisognosi.
Grazie alle donazioni all’Obolo e alle altre raccolte, il Santo Padre può offrire un aiuto alle diocesi povere, istituti religiosi e fedeli in gravi difficoltà.
Poveri, bambini, anziani, emarginati, vittime di guerre e disastri naturali, profughi e migranti vengono raggiunti tramite i diversi enti che si occupano della carità del Papa. L’11 gennaio scorso Papa Francesco, tramite il Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, ha donato ad esempio 100 mila euro attraverso Caritas Croazia a sostegno degli abitanti dell’area terremotata di Banovina. Questa e altre donazioni di benefattori, missioni cattoliche croate e semplici cittadini saranno indirizzate all’acquisto di moduli abitativi e per il sostentamento urgente e appropriato della popolazione colpita dal terremoto. La Santa Sede ha inoltre deciso di offrire un importante sostegno all’Ifad, l’agenzia delle Nazioni Unite che lavora a fianco dei più poveri con un finanziamento di 25 mila dollari che si è impegnata a donare per supportare e sviluppare le attività dell’agenzia dell’Onu che combatte la fame e la povertà in tutto il mondo.
Un capitolo a parte è quello dei progetti che, grazie alle donazioni all’Obolo e alle altre raccolte, è possibile realizzare per esprimere in modo diretto e tangibile la vicinanza e l’aiuto di Papa Francesco a tante persone che soffrono in tutto il mondo a causa della pandemia di Covid-19.
Le diverse istituzioni che aiutano il Papa nella sua opera caritativa hanno fatto arrivare assistenza umanitaria e sanitaria nelle zone più duramente provate a causa del virus o con meno mezzi per combatterlo. Mentre l’Oms lancia un nuovo allarme per l’incremento dei contagi a causa delle varianti e mentre si continua a morire tra gli ultimi della Terra la campagna vaccinale procede intensamente nei Paesi più ricchi, l’Elemosineria apostolica, coordinata dal card. Konrad Krajewski, ha acquistato un’altra fornitura di 38 ventilatori polmonari e nel giugno scorso li ha inviati, insieme ad altro materiale medico-sanitario, in alcuni Paesi che necessitano ancora di simili dispositivi salvavita. Al Brasile e all’India che detengono ancora il triste primato di un totale di quasi 50 milioni di vittime, sono stati destinati rispettivamente 6 dispositivi salvavita. 5 raggiugeranno invece l’Argentina e la Colombia, destinataria già in aprile di materiale medico dal Vaticano; 4 il Cile e il Sudafrica; 3 saranno messi a disposizione in Bolivia e in Siria e infine 2 serviranno ad alleviare le strutture ospedaliere in Papua Nuova Guinea. La spedizione dei ventilatori – precisa l’Elemosineria – è avvenuta con il corriere e sarà distribuita nelle strutture sanitarie locali grazie alle Nunziature.