“Non ci sarà un documento del Sinodo sulla Chiesa italiana”. Ad annunciarlo è stato mons. Franco Giulio Brambilla, vescovo di Novara e vicepresidente della Cei, nonché relatore generale della 74ª Assemblea generale dei vescovi italiani, in corso all’Hotel Ergife di Roma fino al 27 maggio. Interpellato dai giornalisti – nel corso della prima conferenza stampa – su come si procederà nel processo sinodale, Brambilla ha spiegato che “verrà scandito da tre momenti: l’ascolto, la ricerca e la proposta”. Il primo anno, in sintonia con la nota del Sinodo dei vescovi diffusa venerdì scorso, “sarà caratterizzato da una serie di domande aperte”. La presidenza della Cei, ha reso noto il vescovo, giovedì scorso ha inviato ai vescovi una “Carta di intenti” in cui si dice che due anni fa erano pronti gli Orientamenti pastorali per il prossimo quinquennio: mancava solo l’ultimo passaggio in Consiglio episcopale permanente. Essendo saltati a causa del Covid questi due eventi, “i tempi dovranno essere armonizzati con il Sinodo della Chiesa universale: noi avevamo previsto un arco temporale di cinque anni, mentre quest’ultimo prevede una scansione in tre anni”.
“I due percorsi sono armonizzabili”, ha assicurato il vicepresidente della Cei, “a partire dal primato dell’ascolto. Sarà il primo esempio di Chiesa universale e Chiesa nazionale che crescono insieme: più cresce l’una, più cresce l’altra”.
“Il Papa ci ha chiesto di recuperare il Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, con il suo discorso che all’epoca io avevo definito una enciclica all’Italia”, ha proseguito Brambilla: “Il metodo che venne applicato fu un metodo sinodale. Probabilmente c’è stato un difetto di continuazione, ma è un metodo che può essere recuperato”. “Nei prossimi anni – la previsione – non avremo tanto degli Orientamenti pastorali come linee scritte, ma come un percorso comune della Chiesa italiana”. In concreto, per il vescovo, si tratta di
“ripensare la missione della Chiesa sotto il profilo sinodale”.
Per realizzare tale obiettivo, il vicepresidente della Cei ha indicato ai vescovi, nella sua relazione all’Assemblea, tre indicazioni di fondo, sulla scorta del discorso di Papa Francesco a Firenze: “togliere dall’archivio; non guardarci allo specchio; dal basso, dal basso, dal basso”. Come stella polare, mons. Brambilla ha citato la virtù della prudenza, che “San Tomaso collega con la decisione pratica – il dono del consiglio – e con la beatitudine. Un cattolicesimo senza Spirito Santo non funziona”. In San Tommaso, ha precisato il vescovo,
“la virtù della prudenza è la virtù del coraggio, cioè la decisione di fronte a più possibilità. Il consiglio riguarda la dimensione liturgica, orante e spirituale, e la misericordia è l’intreccio. Tutto ciò ci consentirà di fare un Sinodo che non sia soltanto un grande Parlamento cattolico”.
“Siamo fiduciosi che sia un percorso in cui tutte le diverse anime del cattolicesimo italiano possano alimentarsi a vicenda, e reggersi a vicenda”, ha concluso a proposito del Sinodo.