Pentecoste: il limite nella fede è infranto

Se ci lasciamo guidare dal Soffio, dallo Spirito, sapremo in ogni momento e in ogni circostanza guardare più in là e scorgere quell’ombra che ci scorta. L’Infinito è con noi. Possiamo diffondere certezza e gioia, possiamo non transitare ad occhi chiusi sperando in scaramantiche possibilità ma custoditi e sorretti dalla Sua ombra

(Foto SIR/Mauro Monti)

Se puntiamo lo sguardo sulla nostra situazione attuale fra pandemia, guerre in atto e violenze di ogni tipo, non possiamo che dirci sgomenti e preoccupati.
Dove poter poggiare quindi lo sguardo per trovare non solo la forza di reagire, mettendo in atto una resilienza d’acciaio, ma anche dove riposare l’animo, tranquillizzare l’ansia che incombe e pensare al presente e al futuro con sprazzi di luce?
La Ruach, al femminile in ebraico, che veglia sulla creazione custodendola come la madre uccello i suoi piccoli nel nido, è sempre all’opera e non desiste mai dalla sua cura protettiva. Ruach però è lo Spirito Santo.
Come mai non Lo tocchiamo nella realtà? Come mai non siamo capaci di avvertire il frullio delle Sue ali e trarne gioia e riposo?
È una pretesa assurda e mal formulata?
Affermo: no. Tuttavia, l’intersecarsi delle vicende umane rende tutto problematico.
Un’altra postura, nostra, è pur sempre possibile.

Se non vediamo e tocchiamo lo Spirito all’opera, possiamo apprendere a vederne l’ombra dispiegata sulla nostra terra, sui nostri problemi, sulle terrificanti notizie che ci investono costantemente.

Ombra che mai ci abbandona e possiamo cogliere come protezione e soccorso.
Infatti se un uccello vola talvolta possiamo osservare il suo volteggiare, talvolta lo splendore del sole ci acceca. La sua ombra però sorvola e vediamo disegnarsi le ali in volo sulla superficie della crosta terrestre e quindi percepire e gioire, non sentirsi abbandonati e messi al margine dai conflitti dirompenti.

Possiamo abitare ogni difficoltà se dimoriamo in questa ombra.

Ognuno di noi è quel nido che viene custodito dal librarsi della Ruach e che sa dirigere il nostro sentire verso il Creatore.
Non significa negare la distruzione, non ammettere lo scempio dei valori umani, anestetizzare muri e bambini abbandonati ed anche chiudere le orecchie alle sirene d’allarme.
Piuttosto significa farsi ombra a nostra volta.
È impossibile la nostra presenza dovunque la persona venga calpestata nei suoi diritti fondamentali e nella sua creaturalità: non possiamo sfamare, curare, accogliere tutti e chiunque. Sempre e dovunque.
È il nostro limite.
Possiamo invece diventare ombra che custodisce e rasserena e nello Spirito e con lo Spirito librarci dovunque, su tutti e sempre.
Non sono parole romantiche o visioni utopiche ma decisioni che scaturiscono dall’ascolto della Parola, impossibile se lo Spirito dentro di noi non urge e non ne suscita il desiderio.

Il limite, nella fede, è infranto. Finito e Infinito si incrociano e l’Infinito getta la Sua ombra e sospinge.

Spirito che unisce e raduna i dispersi, Spirito sempre creante.
Se ci lasciamo guidare dal Soffio, dallo Spirito, sapremo in ogni momento e in ogni circostanza guardare più in là e scorgere quell’ombra che ci scorta.
L’Infinito è con noi. Possiamo diffondere certezza e gioia, possiamo non transitare ad occhi chiusi sperando in scaramantiche possibilità ma custoditi e sorretti dalla Sua ombra.

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