Papa Francesco, memoria e speranza. Quegli abbracci a ebraismo e islam…

Prima la visita alla poetessa ebrea Edith Bruck, sopravvissuta alla Shoah, poi il viaggio in Iraq. Ancora una volta Francesco si fa portatore di messaggi di riconciliazione e di dialogo tra le religioni

(foto ANSA/SIR)

Il mese di aprile 2021 è tempo di accostamenti potenti tra le feste ebraiche di Pessah (dal 28 marzo al 4 aprile), che ricorda il passaggio del Mare Rosso degli ebrei schiavi degli egiziani guidati da Mosè, e Pasqua (il 4 aprile), festa della Risurrezione di Cristo, due feste che invitano alla speranza. Pochi giorni dopo, l’8 aprile, le cerimonie di YomHashoah molto importanti in Israele e per numerose famiglie ebree ricordano sei milioni di morti della Shoah, invitano al raccoglimento e alla memoria.
Ed è un doppio messaggio di memoria e di speranza quello che Papa Francesco ha trasmesso all’umanità alla vigilia di queste grandi feste, nel visitare una poetessa, donna ebrea anziana di 88 anni, e un Paese martirizzato dal terrorismo, l’Iraq.Bisogna misurare l’importanza della visita di Francesco alla signora Edith Bruck, superstite di Auschwitz, il 20 febbraio. Il Papa stesso ha voluto conoscerla dopo aver letto la sua testimonianza pubblicata sull’Osservatore Romano, il quotidiano del Vaticano. Aveva domandato ai suoi collaboratori di organizzare un incontro. Questi pensavano di invitare la signora Bruck in Vaticano, per incontrare il Santo Padre nel Palazzo apostolico. Ma Francesco ha rifiutato, pensando di avere lui stesso il dovere di spostarsi con umiltà per renderle omaggio. Uno spostamento del Papa a Roma è sempre complesso, necessita l’accordo dello Stato italiano, per ragioni diplomatiche e anche di sicurezza. E il Papa avrebbe lasciato il Vaticano per la prima volta dal 15 marzo 2020.
Tale visita ha un carattere eccezionale. Difatti Francesco voleva salutare attraverso Edith Bruck, il coraggio di fronte alla barbarie, e la volontà di rendere testimonianza. Bambina, aveva vissuto la persecuzione e l’orrore dei campi di sterminio perché era nata ebrea in Ungheria. Francesco lo ha detto chiaramente: nell’andare personalmente a casa sua, ha voluto ringraziarla per la sua volontà di testimoniare la verità, e nello stesso tempo, per rendere omaggio al popolo ebreo vittima della follia nazista.
Bergoglio ha offerto alla Bruck due oggetti di estrema importanza per il popolo ebraico: una menorah, il candelabro a sette bracci, e una copia del Talmud di Babilonia, in un’edizione bilingue, ebraica e italiana. Sottolineava così per questa donna sopravvissuta al tentativo di annientamento dell’ebraismo, il carattere sacro di questo libro fondamentale della religione ebraica che, nel passato, la Chiesa aveva voluto troppo spesso distruggere. Il Pappa ha anche rilanciato l’insegnamento del Concilio Vaticano II con la Dichiarazione Nostra aetate che ha voluto stabilire nuovi rapporti tra cattolici e ebrei, contro l’antica tradizione dell’antigiudaismo.
Pochi giorni dopo, in Iraq, Francesco ha fatto memoria delle vittime del terrorismo islamico, in un Paese dove gli ebrei sono stati cacciati brutalmente negli anni dopo la Seconda Guerra mondiale e la fondazione dello Stato di Israele. Ha incontrato a Najaf il Grande Ayatollah degli sciiti Sayyid Ali Al-Husaini Al-Sistani, un incontro straordinario per parlare di pace. Poi a Ur, sulle orme di Abramo, “sui fiumi di Babilonia” (Salmo 136), durante una cerimonia interreligiosa, ha invitato alla mobilitazione religiosa contro l’odio e il terrorismo: “Noi credenti non possiamo tacere quando il terrorismo abusa della religione”. Bisogna leggere la sua Preghiera dei figli di Abramo letta il 6 marzo: “Dio Onnipotente, Creatore nostro che ami la famiglia umana e tutto ciò che le tue mani hanno compiuto, noi figli e figlie di Abramo appartenenti all’ebraismo, al cristianesimo e all’islam, insieme agli altri credenti e a tutte le persone di buona volontà, ti ringraziamo per averci donato come Padre comune nella fede Abramo, figlio insigne di questa nobile e cara terra”.
Come il salmista, Francesco invita alla speranza dell’uscita dall’esilio, che è l’odio, invita a costruire la vita e la libertà nel rispetto reciproco come ha saputo fare la poetessa Bruck.

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