Giuseppe, l’artigiano, è proprio un Padre poliedrico. Francesco nella sua Lettera Patris Corde continua ad enumerare tutti i diversi aspetti, non tanto della sua personalità, quanto del suo servizio verso di noi umani che dobbiamo apprendere a relazionarci con l’Altissimo.
Per la semplice ragione che Giuseppe era sempre rivolto all’Eterno: lo ascoltava, si direbbe con un filo diretto. Anche i suoi sogni… è mai possibile che un sogno faccia scattare simili piani in una persona e la muova a mettere in atto disegni quanto mai strani?
Con evidenza Giuseppe, digiuno di psicanalisi freudiana, percepiva il dito del Creatore misericorde che gli indicava il cammino, la modalità e gli donava il coraggio di eseguire, di giocarsi senza timore di perdersi o, peggio, di danneggiare Figlio e Madre.
In fin dei conti padre è proprio colui che, nel corso dell’esistenza, ti sta accanto, previene i tuoi passi e ti insegna a muoverli così che tu, figlio o figlia, non finisca in una buca e ti ritrovi ammaccato e non possa più procedere.Giuseppe quindi si spende perché punta il suo sguardo sulle nostre necessità, sui nostri bisogni, anche quelli più reconditi, che mai saremmo disposti a rivelare.
Nella storia della Chiesa ritroviamo i suoi interventi ora discreti e silenziosi, ora evidenti, sempre preziosi, da Padre che agisce per il bene dei figli.
Per chi vive nel solco della tradizione carmelitana, la Lettera di Francesco ha portato una ventata di gioia e si è ritrovata in un ambiente in cui la sua eco non può che moltiplicarsi e contagiare.Infatti vi troviamo citata Teresa di Gesù, di cui si diceva “tutto il mondo conosce la sua devozione per San Giuseppe”. Non è una pia esagerazione, si tratta davvero per la Madre degli spirituali di un aspetto del suo animo, del modo in cui si relazionava con l’Altissimo nella sua travagliata esistenza.
Basterebbe indicare i monasteri da lei fondati, ad iniziare dal primo ad Avila, aperti sotto la custodia di Giuseppe, tuttavia, potrebbe dire qualcuno, si tratta ancora un elemento tipico dell’epoca, di una sorta di pedaggio storico. Osserviamo più da vicino e criticamente.
I fioretti, mai mancati nelle vite dei santi, ci narrano episodi in cui Giuseppe, davvero, le venne in soccorso sotto tanti aspetti: per la sua precaria salute, per la costante penuria economica…
Balza evidente però un altro aspetto, lasciato in eredità non solo alle sue figlie e sorelle ma a tutta la Chiesa:
Giuseppe è Maestro di orazione.
Egli sa insegnare a pregare.
La nostra realtà ci interpella profondamente oggi in un contesto in cui non finiremmo più di esporre a Giuseppe tutti i nostri bisogni, travolti come siamo dalla pandemia. La lista sarebbe lunga. Non possiamo però affrontare questa drammatica situazione se non ci guardiamo nel nostro interiore: sappiamo rivolgerci a Dio?
Ebbene Giuseppe questo può insegnarci: nel silenzio e nella difficoltà guardare a Lui, saperLo invocare, certi che il soccorso è vicino, forse più vicino di quanto noi stessi crediamo.
Abbiamo un Padre che mira all’essenziale, che ci conduce su quella strada dove conta il rapporto con Colui che da sempre ci ama e non desidera altro che farci conoscere la sua Bellezza.
Giuseppe sa prendere per mano e insegnare i piccoli passi, sa farci sostare e lasciarci assaporare la Presenza nel silenzio.
Teresa affermava che Giuseppe esaudiva tutte le sue richieste e colmava i suoi bisogni. Per questo lo chiamava con un epiteto unico: “El mi glorioso Padre San José”.
Non vale la pena di affidarsi?