È profonda, nei cuori e nel tessuto sociale, la lacerazione dovuta all’emergenza Covid. E le nuove povertà create dalla pandemia non sono solo materiali. Il card. Gualtiero Bassetti, al Consiglio permanente della Cei, ha efficacemente descritto le fratture individuali e collettive provocate dalle nuove povertà: “Se non s’interviene efficacemente sul sovraindebitamento di famiglie e imprese, cadute per la prima volta a causa della pandemia nella condizione di debitori insolventi, si amplificheranno le già drammatiche condizioni per il ricorso all’usura e l’accesso della criminalità organizzata nei tessuti economici e sociali”. Una fotografia impressionante, suffragata da numeri inequivocabili.Per comprenderla pienamente occorre inquadrare correttamente il concetto di povertà. Nell’esortazione apostolica “Evangelii Gaudium”, Papa Francesco scrive: “Desidero una Chiesa povera per i poveri” (n. 198). E subito dopo aggiunge che “essi hanno molto da insegnarci ed è necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro”. Una sottolineatura che appare profetica rispetto allo stato di generalizzato disagio economico prodotto dal Covid.
La misericordia, infatti, è innanzitutto l’attuazione del Vangelo, per questo è inevitabilmente la manifestazione del Dna della Chiesa, che “vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva” (Evangelii Gaudium, 24). Questo desiderio deve spingerci con tutte le nostre forze ad andare incontro ai poveri, agli afflitti, ai bisognosi.
Così, proprio l’esercizio della misericordia diventa il criterio di verità della fedeltà al Vangelo, nella comunità primitiva come nella Chiesa di oggi.
In questa chiave va interpretato anche il richiamo alla solidarietà e alla condivisione ribadito dal presidente della Conferenza episcopale al cospetto delle nuove povertà.
La Chiesa italiana è “in uscita”, sulle orme di Papa Francesco, per portare al mondo la misericordia e la salvezza di Dio e soprattutto per riconoscerle e incontrarle già all’opera. Mai quanto in pandemia l’evangelizzazione cammina sulle gambe della carità e della fede, due dimensioni che devono sempre procedere di pari passo. L’annuncio del Vangelo ha sempre lo stesso cuore o, meglio, lo stesso obiettivo. Il percorso e gli strumenti cambiano nel tempo, ma il punto d’arrivo è sempre l’esperienza di un incontro personale con Gesù, che trasforma le relazioni con gli altri, con la società, con l’ambiente. È la meta a cui puntano gli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola, con cui Papa Francesco ha profonda familiarità. È un percorso autenticamente mistico, non per abbandonare il mondo e arrivare al settimo cielo, ma per scoprire il mistero che si cela nella profondità di ciò che si vive ogni giorno. Per sanare le ferite dell’emergenza sanitaria, è indispensabile conoscerne cause ed effetti interiori.Nell’enciclica “Laudato si’” Francesco scrive che l’universo si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto. Quindi c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero e ancor di più nel volto di un povero. È questa la linea dell’accoglienza e della condivisione indicata dalla Chiesa italiana per soccorre i nuovi indigenti della pandemia.