Una riflessione sulla comunicazione contemporanea che oscilla tra un giornalismo a tratti inautentico e un contesto digitale carico di opportunità, ma anche di insidie. In mezzo le persone, che vanno incontrate (e comunicate) dove e come sono. Sono questi i macro punti che colorano di vivacità e desiderio di approfondimento il Messaggio di Papa Francesco per la 55ma Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali diffuso ieri, 23 gennaio, dalla Sala Stampa della Santa Sede.
Anzitutto la cornice evangelica che ispira la citazione di Giovanni 1, 46 presente nel titolo del documento. Quel “Vieni e vedi” che rimanda all’incontro di Gesù con i primi discepoli. E a quel dialogo tra Filippo e Natanaele che cambierà la vita di quest’ultimo spalancandogli le porte della Verità. Francesco si sofferma poi sull’universo dell’informazione rispolverando un vecchio detto del mestiere: “per essere un buon giornalista bisogna consumare la suola delle scarpe”. Ma stare “sul pezzo” o “dentro la notizia” sembrano essere prerogative del passato, istantanee sbiadite di un mestiere ormai sempre più appiattito – spiega il Papa – “in ‘giornali fotocopia’ o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, ‘di palazzo’, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone”.
Per il Pontefice il rischio è quello avere una informazione artefatta e in fotocopia.
Ma, come da tradizione, Francesco va oltre la diagnosi per donarci la sua speciale terapia dell’incontro, medicina dell’anima e anche di una professione giornalistica che deve avere “la capacità di andare laddove nessuno va” e di alimentarsi da “un muoversi e un desiderio di vedere”, da “una curiosità, un’apertura, una passione”. Soltanto così potrà essere data voce ai poveri e ai perseguitati e si potrà ribaltare la logica infausta della “doppia contabilità” che crea esclusione e differenze socio-economiche come nel caso della distribuzione dei vaccini anti-Covid nel mondo.
Il Messaggio continua con un focus sul web, strumento straordinario di racconto, condivisione e testimonianza. Ma anche – evidenzia Papa Bergoglio – luogo dove le notizie e le immagini sono facilmente manipolabili e falsificabili. Le soluzioni ci sono e sono tante.
Francesco decide di puntare sulle persone che comunicano non “solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti”. Ancora una volta il modello è Gesù, il perfetto comunicatore, la cui Parola riflette il volto di Dio e va oltre il semplice vedere, coinvolgendo chi l’ascolta in un’esperienza e in un dialogo. Francesco conclude il Messaggio con due riferimenti apparentemente distanti, eppure legati da un filo rosso profondo. Il primo è William Shakespeare che, nel Mercante di Venezia, descrive perfettamente il senso della comunicazione vuota attraverso il parlare all’infinito che non dice nulla. Il secondo è Paolo di Tarso, il santo comunicatore che oggi – scrive il Papa – “si sarebbe certamente servito della posta elettronica e dei messaggi social”, ma che, con la sua fede, la sua speranza e la sua carità, impressionò chi lo sentiva predicare, annunciare la salvezza e portare la grazia di Dio. La sfida di chi fa comunicazione oggi è, dunque, riempire quel vuoto con la bellezza dell’umano per cementare sempre più quella catena di incontri che, da più di duemila anni, continua a comunicare il fascino dell’avventura cristiana.