“Lavorare con determinazione per promuovere le condizioni necessarie per un mondo senza armi nucleari, contribuendo all’avanzamento della pace e alla collaborazione multilaterale, di cui oggi l’umanità ha tanto bisogno”. Si è conclusa con questo appello l’udienza di Papa Francesco, trasmessa in diretta streaming dalla biblioteca privata del Palazzo apostolico e dedicata alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si celebra dal 18 al 25 gennaio.
“Superare lo scandalo delle divisioni tra i credenti in Gesù”, l’obiettivo del tradizionale appuntamento di inizio d’anno: “La soluzione alle divisioni non è opporsi a qualcuno, perché la discordia genera altra discordia”.
“L’unità può giungere solo come frutto della preghiera”, la tesi del Papa, secondo il quale “gli sforzi diplomatici e i dialoghi accademici non bastano: vanno fatti, ma non bastano.
“Il mondo non crederà perché lo convinceremo con buoni argomenti, ma se avremo testimoniato l’amore che ci unisce e ci fa vicini sì, crederà”,
assicura Francesco: “In questo tempo di gravi disagi è ancora più necessaria la preghiera perché l’unità prevalga sui conflitti”.
“E’ urgente accantonare i particolarismi per favorire il bene comune”,
il monito, e per questo “è essenziale che i cristiani proseguano il cammino verso l’unità piena, visibile”. “Negli ultimi decenni, grazie a Dio, sono stati fatti molti passi in avanti, ma occorre perseverare nell’amore e nella preghiera, senza sfiducia e senza stancarsi”, il bilancio del cammino ecumenico: “È un percorso che lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa, nei cristiani, in tutti noi e dal quale non torneremo più indietro. Sempre avanti!”. “Io prego per l’unità?”, la domanda sollecitata dal Santo Padre per ciascuno di noi: “È la volontà di Gesù ma,
se passiamo in rassegna le intenzioni per cui preghiamo, probabilmente ci accorgeremo di aver pregato poco, forse mai, per l’unità dei cristiani.
Eppure da essa dipende la fede nel mondo; il Signore infatti ha chiesto l’unità tra noi perché il mondo creda”.
“Pregare significa lottare per l’unità. Sì, lottare, perché il nostro nemico, il diavolo, come dice la parola stessa, è il divisore”.
Nella parte finale dell’udienza, il Papa si è soffermato sulla figura del diavolo, che “sempre divide perché è conveniente per lui dividere”, ha spiegato a braccio: “Lui insinua la divisione, ovunque e in tutti i modi, mentre lo Spirito Santo fa sempre convergere in unità”.
“Il diavolo, in genere, non ci tenta sull’alta teologia, ma sulle debolezze dei fratelli”,
l’analisi di Francesco: “È astuto: ingigantisce gli sbagli e i difetti altrui, semina discordia, provoca la critica e crea fazioni”. La via di Dio, invece, “è un’altra: ci prende come siamo: ci ama come siamo, ci prende come siamo, ci prende differenti, peccatori, e ci spinge all’unità”. “Possiamo fare una verifica su noi stessi e chiederci se, nei luoghi in cui viviamo, alimentiamo la conflittualità o lottiamo per far crescere l’unità con gli strumenti che Dio ci ha dato: la preghiera e l’amore”, la proposta del Papa, che ha ribadito:
“Il chiacchiericcio è l’arma più alla mano che ha il diavolo per dividere la comunità cristiana, la famiglia, gli amici, per dividere sempre”.
Al contrario, “la radice della comunione è l’amore di Cristo, che ci fa superare i pregiudizi per vedere nell’altro un fratello e una sorella da amare sempre. Allora scopriamo che i cristiani di altre confessioni, con le loro tradizioni, con la loro storia, sono doni di Dio, sono doni presenti nei territori delle nostre comunità diocesane e parrocchiali”. “Cominciamo a pregare per loro e, quando possibile, con loro”, l’invito finale: “Così impareremo ad amarli e ad apprezzarli. La preghiera, ricorda il Concilio, è l’anima di tutto il movimento ecumenico. Sia il punto di partenza per aiutare Gesù a realizzare il suo sogno: che tutti siano una cosa sola”.