Papa Francesco, durante la sua prossima visita in Iraq (5-8 marzo) potrebbe incontrare a Najaf, città santa degli sciiti, la guida spirituale sciita, l’ayatollah Ali al-Sistani, e firmare il documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, così come fece il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi con il grande imam sunnita di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb.
“È un desiderio che condividiamo con gli sciiti”
conferma al Sir il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Rapahel Sako -. Da Najaf sono venuti a chiedere della visita e abbiamo voluto esprimere questo desiderio alla Santa Sede perché sappiamo che il Pontefice è uomo del dialogo. Ha già incontrato Al-Tayyeb, massima autorità sunnita, e penso sia molto importante che possa incontrare anche quello degli sciiti e fare da ponte tra sciiti e sunniti”.
“Questo – aggiunge il cardinale – potrebbe avere un impatto enorme a livello internazionale sulla convivenza pacifica e sul dialogo. Aspettiamo che la Santa Sede dica qualcosa in merito a questa proposta condivisa con Najaf. Come è noto gli sciiti sono la maggioranza in Iraq e il grande ayatollah qui ha una enorme valenza religiosa e politica e sociale”.
“Il documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune – spiega Mar Sako – è un testo universale e non sarà necessario cambiarlo. Vale la pena ricordare che la terza enciclica di Papa Francesco ‘Fratelli tutti’, pubblicata il 4 ottobre scorso, trae spunto proprio da questa dichiarazione comune. È anche per questo motivo che nel logo della visita apostolica abbiamo messo, in caldeo, arabo, inglese e curdo, il versetto di Matteo 23,8 ‘Voi siete tutti fratelli’”.
Programma del viaggio. In attesa di capire se l’incontro tra Papa Francesco e Ali Al-Sistani sarà possibile, si delinea nel dettaglio il programma del viaggio. “Il Papa – dichiara al Sir il patriarca caldeo – arriverà il 5 marzo a Baghdad dove incontrerà le autorità civili irachene. Seguirà l’incontro con il clero cattolico. L’indomani dovrebbe recarsi di mattina presto a Ur dei Caldei dove si terrà una celebrazione interreligiosa, una preghiera comune cui prenderanno parte cristiani e musulmani. Con loro anche un rappresentante della comunità ebraica irachena – a Baghdad ci sono diverse famiglie di fede ebraica – e poi mandei e yazidi. L’incontro interreligioso dovrebbe incentrarsi sulla figura di Abramo. Nel Corano, così come nella Bibbia, si trovano dei passaggi relativi ad Abramo. Da Ur potrebbe così partire un messaggio al mondo intero: siamo tutti, nella fede, figli di Abramo. Dopo Ur il ritorno a Baghdad e la sera la messa nella cattedrale caldea. Domenica 7 marzo il Papa dovrebbe fare tappa a Erbil, dove incontrerà le autorità del Kurdistan, poi sarà a Mosul e a Qaraqosh, nella piana di Ninive. Qui incoraggerà i cristiani a perseverare nella speranza e a ricostruire la fiducia con gli altri. La sera a Erbil celebrerà la messa in uno stadio, perché le chiese sono piccole, subito dopo il ritorno a Baghdad. Lunedì il rientro a Roma. La nostra speranza è che prima del ritorno a Roma si possa trovare il tempo per andare a Najaf”. “Sarebbe un segnale importantissimo – ribadisce il patriarca Sako -. I musulmani iracheni nutrono un grandissimo rispetto per Papa Francesco, lo ritengono un pontefice aperto e amante del dialogo. Ieri – rivela Mar Sako – ho avuto un colloquio con un’importante autorità sciita che mi ha espresso tutto il desiderio di promuovere e partecipare a questa visita. Vogliamo – mi ha detto – fare qualcosa di degno per accogliere il Pontefice”.
Primo Natale festa nazionale. Intanto quello appena trascorso è stato il primo Natale festa nazionale per l’Iraq. “Un momento importante per tutto il Paese – dichiara il cardinale – riconoscere questa festa è un segno molto importante per tutti i cristiani perché vuole dire riconoscerne la storia e anche la fede. Alla Messa della notte di Natale in cattedrale era presente il presidente della Repubblica, Barham Salih, che ha tenuto anche un discorso. C’erano anche autorità sciite, diplomatici e personalità varie. Essere presenti nella vita del popolo iracheno, di fede cristiana, è un gesto di grande significato. Posso dire – conclude il patriarca caldeo – che è cominciata una nuova fase”.