All’incontro di ieri sulla crisi umanitaria in Siria e Iraq, il quarto della serie, hanno partecipato circa 50 tra organismi di carità cattolici, rappresentanti degli episcopati locali e delle Istituzioni ecclesiali e Congregazioni religiose che operano in modo capillare in Siria, Iraq e nei Paesi limitrofi, oltre ai Nunzi apostolici dell’area. Ai partecipanti è giunto il video messaggio di Papa Francesco che ha rivolto il suo pensiero “alle persone che hanno dovuto lasciare le proprie case per sfuggire agli orrori della guerra, alla ricerca di condizioni di vita migliore per sé e per i propri cari” e ai cristiani locali “costretti ad abbandonare i luoghi dove sono nati e cresciuti, dove si è sviluppata ed arricchita la loro fede. Bisogna fare in modo – ha detto il Pontefice – che la presenza cristiana, in queste terre, continui ad essere ciò che è sempre stata: un segno di pace, di progresso, di sviluppo e di riconciliazione tra le persone ed i popoli”.
Verso uno sviluppo integrale. “È stato un incontro importante e necessario per mantenere costante l’attenzione su una crisi, quella siriana, che rischia di essere dimenticata in modo particolare adesso che siamo in piena pandemia – spiega al Sir il Sotto-Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, mons. Segundo Tejado Muñoz -. Il Covid-19 sta acuendo le difficoltà delle agenzie umanitarie operanti sul terreno, non solo siriano, di muoversi e attuare i programmi umanitari previsti in questa area che è già attraversata da crisi, tensioni e guerre”. Dalla discussione è emerso il bisogno di
“passare dall’aiuto di emergenza ad uno più di sviluppo integrale”.
Secondo il Sotto-Segretario “bisogna innanzitutto le condizioni di sicurezza necessarie per permettere alle famiglie sfollate e rifugiate di fare ritorno nelle proprie terre e case. Pensiamo, per esempio, ai milioni di siriani che sono rifugiati in Libano, in Giordania, in Turchia. Il loro ritorno deve essere garantito. Ma senza sviluppo e sicurezza è difficile che le famiglie rientrino nei loro luoghi di origine. Lo stesso vale per i rifugiati iracheni”.
Non è un caso che uno dei punti più a cuore a Papa Francesco sia quello del ritorno nei loro villaggi di rifugiati e sfollati, tra i quali molti sono cristiani. “Nel suo videomessaggio – rimarca mons. Tejado Muñoz – il Papa ha chiesto di fare in modo che la presenza cristiana, in queste terre, continui ad essere un segno di pace e di riconciliazione. I cristiani sono da sempre un ponte tra le diverse fedi e etnie in Medio Oriente e la loro presenza è importante per la costruzione della pace e della stabilità dei Paesi in cui vivono”. Non è mancato un riferimento all’Iraq e “al ritorno dei cristiani nella Piana di Ninive”. A riguardo la notizia del viaggio del Papa in Iraq i primi di marzo del 2021 “è giunta inaspettata e rappresenta una gioia e un vero raggio di sole nella realtà irachena ma direi per tutto il Medio Oriente. Una visita che darà tanta speranza a queste popolazioni colpite dalla guerra e dalla pandemia”.
Rimuovere le sanzioni alla Siria. All’incontro è stato sollevato anche il tema “sanzioni”, trattato in modo particolare dal nunzio apostolico in Siria, card. Mario Zenari e dal segretario generale di Caritas Internationalis, Aloysius John.
“Le sanzioni imposte da fuori – riferisce il Sotto-Segretario – provocano gravi problemi economici perché impediscono alla popolazione di reperire i beni necessari per vivere. La Chiesa deve per questo farsi ancora più vicina ai poveri, ai vulnerabili che pagano più di altri gli effetti pesanti dell’embargo e delle sanzioni. È stata per questo ravvisata la necessità di andare verso la rimozione delle sanzioni”.
Prospettive future. Per il futuro i partecipanti alla riunione hanno individuato alcune prospettive di lavoro, che mons. Tejado Muñoz riassume così: “Coordinamento e comunicazione, formazione degli operatori locali e sinergie. È questa la direzione da intraprendere per ottimizzare risorse e progetti evitando sovrapposizioni. Si tratta di un lavoro già avviato e che deve essere implementato. Caritas Internationalis e Avsi hanno già offerto la loro disponibilità a tenere questi corsi di formazione. La prossima settimana avremo subito un primo incontro organizzativo”. Dalle agenzie umanitarie presenti sul terreno è stata anche avanzata “la proposta di avere un interfaccia con cui rapportarsi per discutere dei progetti e credo – afferma il Sotto-Segretario – che la Santa Sede possa avere un ruolo in questo contesto. Coordinamento e sinergia sono necessari per moltiplicare lo spettro degli aiuti e per rapportarsi con altre agenzie, come l’Onu. Lo scopo è evitare sprechi di risorse e di tempo così da essere più efficaci nel portare aiuto e leggere i bisogni delle popolazioni. In piena pandemia questa è una priorità”.
Oltre 1 miliardo di dollari dal 2014. Il conflitto in Siria e Iraq ha prodotto una delle crisi umanitarie più gravi degli ultimi decenni. La Santa Sede, oltre all’attività diplomatica, partecipa attivamente ai programmi di aiuto e assistenza umanitaria. La rete ecclesiale, complessivamente, dal 2014 ha destinato alla risposta all’emergenza oltre 1 miliardo di dollari, raggiungendo più di 4 milioni di beneficiari individuali per anno. Secondo fonti Onu, sono ancora 11 milioni le persone bisognose di assistenza umanitaria in Siria, mentre sarebbero più di 6 milioni gli sfollati interni; in Iraq i dati ammonterebbero rispettivamente a oltre 4 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria e più di 1 milione gli sfollati interni. Colpiti dalla crisi umanitaria anche Libano, Turchia e Giordania.