Mentre illustra le ragioni che hanno guidato questa nuova traduzione del Messale Romano, dalla sua espressione traspare tutta la passione con cui, negli ultimi anni, ha seguito questo lavoro.
Monsignor Claudio Maniago, vescovo di Castellaneta, in Puglia, dal 2015 è presidente della Commissione episcopale per la liturgia della Cei e dal 2016 è membro della Congregazione vaticana per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.
Domenica scorsa è tornato nella sua Firenze, in quella stessa cattedrale, ha ricordato, in cui è stato ordinato diacono, prete e vescovo, per un incontro in cui ha raccontato come si è arrivati alla pubblicazione del libro che a partire dai prossimi mesi accompagnerà le celebrazioni eucaristiche in tutte le chiese italiane. Un incontro con tante persone presenti in duomo (nel rispetto di norme e distanziamenti) e tante altre, oltre 500, che hanno seguito da casa la diretta streaming curata da Toscana Oggi.
Lunedì invece, alla Certosa del Galluzzo, l’incontro più “tecnico” con il clero fiorentino. Anche se, tiene a precisare, il Messale non è “il libro del prete”: una volta, spiega, “c’era l’idea che il Messale fosse il libro che serve al prete per dire Messa. In realtà questo libro contiene la norma per la celebrazione di tutta l’assemblea. È l’applicazione della visione, bella e importante, che scaturisce dall’ecclesiologia del Concilio Vaticano II: la responsabilità è propria del ministro, ma il prete non appartiene a una classe separata, svolge un servizio alla comunità. Chi presiede la celebrazione deve guidare la comunità, all’interno di un’armonia di registri comunicativi che permette a tutti di fare nella liturgia l’esperienza dell’incontro col Signore”.
La consegna a papa Francesco, nei giorni scorsi, della prima copia stampata ha concluso un percorso durato 18 anni, attraverso tre pontificati.
Tutto è nato da una attività che potremmo dire ordinaria della Chiesa, quella di tenere aggiornati i libri liturgici. Dopo il Concilio Vaticano II questa è la terza edizione del Messale, approvata da Giovanni Paolo II nel Duemila. Negli anni successivi è iniziata l’opera di traduzione in lingua italiana, durata appunto 18 anni. Un tempo che può sembra lungo per una traduzione ma questo non è un libro normale, non è soltanto un testo scritto, ha un’articolazione complessa, e tutto andava reso in un linguaggio che fosse il più possibile comprensibile.
Un’opera attesa, che adesso le parrocchie dovranno prepararsi ad accogliere.
La traduzione italiana non è la prima (segue quella inglese e quella spagnola) ma è importante perché farà da punto di riferimento per le Conferenze episcopali di molti Paesi. È il Messale usato dal Papa nelle sue celebrazioni. La Conferenza episcopale italiana ha valutato e vigilato, e ogni passaggio è stato votato e approvato dall’Assemblea. Il Papa ha seguito passo passo il lavoro, e ha dato la sua approvazione finale. Adesso viene affidato alle diocesi e alle parrocchie: questa nuova edizione si propone come la norma della celebrazione eucaristica, propone un itinerario celebrativo che vuole essere accolto e realizzato.
Quali sono le novità alle quali dovremo abituarci?
Facciamo una precisazione. Si parla di “nuovo Messale” ma in verità il rito della Messa rimane quello che è, anche il Papa ha ribadito che siamo nel solco della riforma liturgica del Vaticano II. Una nuova traduzione ci porta ad approfondire sempre di più lo spirito del Concilio, a entrare ancora più a fondo nelle dinamiche celebrative proposte dal Rito della Messa.
Ci saranno però parole e formule nuove: l’effusione dello Spirito Santo, ad esempio, diventerà la “rugiada dello Spirito Santo”…
La gente si accorgerà dell’uso di questo Messale perché sentirà preghiere rinnovate nel linguaggio, e anche alcune preghiere nuove, testi che la Chiesa italiana ha voluto inserire, ad esempio alcuni prefazi composti appositamente per questo Messale, così come era avvenuto anche in passato. Questo riguarderà soprattutto le parole che siamo più abituati a riconoscere durante la celebrazione, le preghiere eucaristiche, che avranno termini diversi. C’è stata la scelta, invece, di variare il meno possibile le parole che pronuncia l’assemblea, per evitare disagio e smarrimento: in questo caso le novità sono soltanto due, anche se sono particolarmente importanti perché riguardano il Padre Nostro e il Gloria. Cambiamenti che ovviamente saranno notati.
La prima copia è stata consegnata al Papa: come ha accolto questo lavoro?
Con soddisfazione, ci ha detto che è un Messale per una Chiesa che cammina sulle orme tracciate dal Concilio, e che guarda avanti. Mentre ascoltava la nostra presentazione, ha sfogliato il libro: è andato a cercare, ad esempio, le parole della consacrazione per verificare la traduzione del “pro multis“, tradotto con “versato per voi e per tutti” secondo l’orientamento che il Papa aveva confermato.
Questa nuova edizione comprende anche alcune illustrazioni innovative…
Le immagini nel Messale sono di un artista contemporaneo, Mimmo Paladino, uno dei massimi artisti italiani che con un linguaggio adatto ai nostri giorni ha illustrato alcune pagine in maniera discreta, non invasiva. Immagini che non distraggono ma che accompagnano e danno dignità al libro che è molto curato anche dal punto di vista grafico e editoriale.
Quali saranno adesso i passaggi?
Dopo la consegna della prima copia al Papa, il Messale viene inviato in questi giorni a tutti i vescovi e nel mese di settembre sarà distribuito nelle librerie, per arrivare alle parrocchie. L’uso diventerà obbligatorio dalla prossima Pasqua, ma potrà essere usato anche prima secondo la volontà delle parrocchie, o secondo le indicazioni che i vescovi vorranno dare a livello diocesano.
(Originariamente pubblicato su Toscana Oggi)