La Via Crucis diventa una Via Lucis

Sarà in libreria, da domani 3 giugno, per Rizzoli, “I gabbiani e la rondine. La Via Lucis di Papa Francesco” (pp.176, € 10), di Marco Pozza, dottore in Teologia e cappellano del carcere di Padova. È il racconto della Va Crucis celebrata il 10 aprile scorso da Papa Francesco nel pieno della pandemia: non si svolge in mezzo alla folla, nel Colosseo, ma nella piazza San Pietro deserta, sotto lo sguardo dell’antico crocifisso della chiesa di San Marcello al Corso. Le parole che risuonano nella notte della morte e del dolore provengono dalla parrocchia del carcere di Padova: a meditare sulle quattordici stazioni della Passione di Cristo è un’intera comunità di uomini e donne che abita e lavora in questo mondo ristretto. Nel libro, partendo dalle meditazioni sulla Via Crucis raccolte e scritte insieme alla giornalista e volontaria Tatiana Mario, don Marco Pozza costruisce un racconto sulla fede e la risurrezione dei viventi: la Via Crucis di Gesù diventa così una Via Lucis degli uomini, la cui sofferenza è stata riscattata da Cristo in persona. “Mai celebrata una Via Crucis così” scrive l’autore. “Pareva davvero d’attraversare l’Odio desiderando l’Amore”

Le meditazioni della Via Crucis officiata da Papa Francesco a Roma il 10 aprile 2020 sono state proposte dalla cappellania della Casa di Reclusione Due Palazzi di Padova. Raccogliendo l’invito di Papa Francesco, quattordici persone hanno meditato sulla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo rendendola attuale nelle loro esistenze. Tra loro figurano cinque persone detenute, una famiglia vittima di un reato di omicidio, la figlia di un padre condannato alla pena dell’ergastolo, un’educatrice del carcere, un magistrato di sorveglianza, la madre di una persona detenuta, una catechista, un frate volontario, un agente di polizia penitenziaria e un sacerdote accusato e poi assolto definitivamente dalla giustizia dopo otto anni di processo ordinario.

Accompagnare Cristo sulla Via della Croce, con la voce rauca della gente che abita il mondo delle carceri, è stata l’occasione per assistere al prodigioso duello tra la Vita e la Morte, scoprendo come i fili del bene si intreccino inevitabilmente con i fili del male.

Contemplare il Calvario da dietro le sbarre è un invito a credere che un’intera vita si possa giocare in pochi istanti, com’è accaduto al buon ladrone.

Basterà riempire quegli attimi di verità: il pentimento per la colpa commessa, la convinzione che la morte non è per sempre, la certezza che Cristo è l’innocente ingiustamente deriso. Tutto è possibile a chi crede, perché anche nel buio delle carceri risuona l’annuncio pieno di speranza: «Nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Se qualcuno gli stringerà la mano, l’uomo che è stato capace del crimine più orrendo potrà essere il protagonista della risurrezione più inattesa. Certi che «anche quando il male e la sofferenza vengono narrati si può lasciare spazio alla redenzione, riconoscendo in mezzo al male il dinamismo del bene e dargli spazio» (Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2020).

È così che la Via Crucis diventa una Via Lucis.

I testi, raccolti dal cappellano don Marco Pozza e dalla volontaria Tatiana Mario, sono stati scritti in prima persona. Si è scelto volutamente di non mettere il nome: chi ha partecipato a questa meditazione ha deciso di prestare la sua voce a tutti coloro che, nel mondo, condividono la stessa condizione. In quella serata, nel silenzio delle galere, la voce di uno ha voluto diventare voce di tutti.

Un grazie di cuore all’intera comunità della Casa di Reclusione Due Palazzi di Padova, alle quattordici persone che hanno donato la loro storia e a Paolo Possamai (direttore del «Mattino di Padova» e delle altre testate Gedi del Veneto), protagonista involontario di una lettera nella quale era nascosto l’incipit di un viaggio che, il Venerdì Santo, ha commosso il mondo intero. Una contaminazione di croci, crocifissi, crocifissori.

Di poveri cristi.

A Papa Francesco: per un gesto così coraggioso da apparire profezia.

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