Ricorda la tavola apparecchiata attorno alla quale Giovanni Paolo II chiamava filosofi, politici, uomini di Chiesa capaci di “dargli una lettura delle cose”, “anche prima di prendere una decisione”. E, poi, la sua attenzione per i più poveri. Durante uno dei sui viaggi apostolici in Brasile, in una favela incontrò una donna anziana poverissima: il Papa polacco le si avvicinò, parlò con lei, capì che non aveva nulla. Così le donò il suo anello del pescatore. Mons. Slawomir Oder, vicario giudiziale del Tribunale ordinario della diocesi di Roma, per poco più di sei anni ha seguito la causa di beatificazione e canonizzazione di Giovanni Paolo II in qualità di postulatore. Stesso ruolo che adesso ricopre nel processo che si auspica possa condurre agli onori degli altari i genitori di Karol Wojtyla. In occasione dei cento anni dalla nascita, che ricorrono oggi, Oder ne delinea il profilo e alcuni passaggi del processo di canonizzazione più rapido nella storia moderna della Chiesa: circa sei anni e un mese. Lo fa nel corso di una videoconferenza con i giornalisti, organizzata dall’associazione Iscom. “Giovanni Paolo II ha fatto subito la scelta di un pontificato aperto e comunicativo, sia nei grandi eventi sia nello stile di vita personale – ricorda -. Non aveva paura dell’incontro. Era un pastore che ‘con l’odore delle sue pecore’, come dice oggi Papa Francesco”.
L’attenzione del postulatore anche per il magistero:
“Il catechesmo promulgato da Giovanni Paolo II fu l’ultimo atto del Concilio Vaticano II e punto di partenza per il cammino post-conciliare. L’insegnamento sociale di Papa Francesco è continuazione del magistero sociale del Papa polacco”.
Nelle parole del sacerdote la convinzione che “entrambi si sono confrontati personalmente con la povertà, nei loro Paesi di origine, e questo fatto ha reso i loro cuori sensibili a questa dimensione. La Dottrina sociale della Chiesa è per entrambi strumento per la conversione del cuore dell’uomo”.
Nessuna copertura di abusi. Mons. Oder ripercorre tappe e questioni affrontate durante il processo di canonizzazione di Karol Wojtyla, anche quella degli abusi che si sono verificati nella Chiesa sotto il suo pontificato. Riferisce che “sono state fatte apposite ricerche negli Archivi Vaticani, secondo le modalità dell’epoca”.
“Posso assicurare che non è risultato alcun elemento che potesse attribuire un’ombra di colpevolezza nei confronti di Giovanni Paolo II. Papa Wojtyla non ha coperto alcun pedofilo”.
Il postulatore cita anche le parole pronunciate da Francesco durante un’intervista rilasciata alla tv messicana Televisa: “Il Papa ha detto molto chiaramente che non esistono ombre che potrebbero diminuire la grandezza della figura di Giovanni Paolo II. Noi non abbiamo trovato nulla che potesse ostacolare il suo cammino verso la canonizzazione”. A proposito di alcuni insospettabili uomini di Chiesa, rivelatisi poi pedofili, mons. Oder ha assicurato: “Se avesse saputo, non avrebbe assunto alcun atteggiamento di copertura”.
L’attentato del 13 maggio 1981. La “sopportazione del dolore” e la “capacità di perdono” sono stati due aspetti centrali del pontificato del Papa polacco, secondo il postulatore, in particolare, dopo l’attentato del 13 maggio 1981, in piazza San Pietro.
“Quello che abbiamo saputo dalle autorità italiane, secondo i risultati delle indagini, è che dietro ci sono stati i servizi segreti dei regimi dell’Europa dell’est, un fatto che poi si è concretizzato con la partecipazione dei servizi bulgari e della Germania dell’est”.
Mons. Oder ha spiegato, però, che “ciò che a noi ha interessato è stato l’atteggiamento di Giovanni Paolo II: da una parte la sopportazione del dolore, in una lettura dell’evento in chiave di fede collegandolo a Fatima; dall’altra la capacità di perdono e di misericordia, con la visita ad Ali Ağca, l’accoglienza verso sua madre, il viaggio in Bulgaria per dimostrare affetto e amore verso quel popolo”.
Il dialogo interreligioso. Altro volto del pontificato e della personalità di Karol Wojtyla, quello propenso al dialogo interreligioso, che ebbe maggior eco nell’incontro con i leader delle altre religioni, ad Assisi, il 27 ottobre 1986. “Nel contesto culturale ed ecclesiale di allora, le sue iniziative suscitarono sicuramente interesse e entusiasmo, ma in alcuni anche qualche riserva”. Mons. Oder ricorda che Wojtyla “era cresciuto in un contesto di dialogo e tolleranza”, che “uno degli amici più vicini era ebreo”. “Wadowice era terra di incontro di culture, lingue e religioni, dove – aggiunge – la diversità non costituiva un problema ma la possibilità di guardare con una prospettiva diversa. Quando arrivò al soglio pontificio era già arricchito da questa esperienza”. Ripercorrendo gli anni dell’episcopato a Cracovia, il postulatore segnala che già in quel periodo “portava avanti iniziative di dialogo con altri rappresentanti religiosi”.
“Era un uomo di vedute aperte anche se consapevole della propria identità. Questa visione del dialogo interreligioso e dell’impegno ecumenico l’ha accompagnato sempre”
Tanto che, secondo il postulatore, l’incontro di Assisi può essere considerato “un punto di arrivo di un percorso di tutta una vita”. “Se oggi esiste la possibilità di trovare un punto di incontro tra varie religioni, anche questo costituisce il frutto di un percorso in cui Giovanni Paolo II ha segnato tappe molto importanti”.