Abbiamo passato settimane e settimane a farci macinare nelle nostre case dalle relazioni: quelle presenti, e quelle assenti; quelle troppo presenti, in spazi domestici risicati che ci hanno portato a frizioni e conflitti – quando non addirittura a violenze. Quelle troppo assenti, che ci hanno riempito di preoccupazione, di nostalgia, di solitudine… se non addirittura dell’inconsolabile lutto di addii che non si sono potuti dire di persona.
Ora che i confini della quarantena sono stati annullati, e siamo liberi di muoverci e spaziare, che vogliamo fare di tutte le scalfiture che le nostre relazioni ci hanno inflitto, nell’amore e nel dolore?
Nei tanti colloqui telefonici che ho avuto il privilegio di fare con molti giovani, ho potuto constatare come la quarantena in casa, in famiglia, sia stata davvero un crogiuolo in cui tante cose si sono chiarite, purificate, bruciate: dialoghi ripresi, genitori che hanno potuto scoprire i loro figli e viceversa, conflitti che dovevano prima o poi emergere per essere affrontati insieme.
In altrettanti colloqui telefonici, ho raccolto invece la testimonianza di come la solitudine forzata di chi non era in casa con i suoi l’abbia portato a misurarsi con le proprie paure di sempre, e finalmente ad affrontarle.
E ora, vogliamo buttare via tutto questo, riprendendo a correre qua e là, e ritrasformando le nostre case in squallidi “pit stop” in cui semplicemente fermarsi un attimo, mangiare qualcosa, e poi via, di nuovo nel turbinio frenetico e insensato di giornate scandite dallo stress?
Vuoi davvero che il tepore di relazioni ritrovate si estingua nelle correnti frenetiche delle tue corse verso le cose di sempre? E il dolore della tua solitudine, che ti ha fatto capire quanto sono importanti gli altri nella tua vita, vuoi tornare a riempirlo con gli impegni e gli analgesici pre-Covid?
Non è detto che le cose debbano andare così. Non è detto che tu non possa continuare a ritrovarti con quelli di casa tua a tavola, che è l’altare della comunione nella liturgia della ferialità domestica. Non è detto che tu non possa continuare a cercare e coltivare quei rapporti che ti erano stati bruscamente mostrati come essenziali, quando eri recluso in casa.
Proprio ieri un giovane papà, al telefono, mi ribadiva lo stupore che ho trovato in altri genitori durante la quarantena, e di cui scrissi qualche tempo fa: lo stupore di poter vedere finalmente tutti i segmenti della crescita dei propri figli, altrimenti di solito incontrati a spot.
Ma questo padre già faceva seguire allo stupore un anticipatario rimpianto: “eh, non sono riuscito a stare con loro quanto avrei voluto.” Ma aspetta: chi te lo impedisce ora?
Chi ci impedisce di arrivare finalmente all’ovvio, e cioè a subordinare il lavoro agli affetti, il fare all’essere-con? Se questa quarantena ti ha svegliato, perché vuoi tornare a dormire?
L’esercizio di questa settimana sarà sulle relazioni: se vivi con altri, che con te hanno condiviso la quarantena, decidi con loro degli appuntamenti fissi in cui ritrovarvi tutti nella settimana. Se vivi da solo, in questa settimana rintraccia e passa un po’ di tempo ogni giorno con qualcuna delle persone che ti sono venute in mente nel tempo della quarantena, una diversa al giorno – foss’anche solo al telefono, se l’altro è lontano.
Bronnie Ware, nel suo celebre testo “I cinque rimpianti più comuni ai moribondi”, evidenzia come le persone in punto di morte spesso si rimproverino di avere passato troppo tempo al lavoro, privandosi di momenti importanti delle loro famiglie, o anche di avere perso per strada i loro amici.
Questa quarantena, maestra severa e utile, forse ci ha permesso di anticipare nella nostalgia questi rimpianti, così da non dover giungere ad averli quando saremo alla fine.
Non lasciamoci alle spalle la possibilità di amare di più di prima.