“Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”. È questo il tema del prossimo Sinodo dei vescovi.
Si tratta di una tematica che è stata rimessa al centro della riflessione teologica e della vita delle Chiese anche a motivo del richiamo che il Papa vi ha fatto più volte: sebbene l’importanza della sinodalità – occorre ammetterlo – venga ancora troppo spesso confinata agli eventi sinodali, come lo stesso Sinodo dei vescovi o la celebrazione dei Sinodi diocesani.
In realtà se tali eventi sono espressione della sinodalità della Chiesa, quest’ultima non si esurisce in essi. Come ebbe a dire lo stesso Francesco, in un discorso ormai diventato celebre e tenuto in occasione del 50° anniversario del Sinodo dei vescovi, la sinodalità è “dimensione costitutiva della Chiesa”, in quanto secondo l’espressione di Giovanni Crisostomo, Chiesa e sinodo sono sinonimi; “perché – dice sempre Francesco – la Chiesa non è altro che il ‘camminare insieme’ del Gregge di Dio sui sentieri della storia incontro a Cristo Signore […]”. Il fondamento di ciò è poi da rintracciarsi nel fatto che la Chiesa sia il popolo di Dio; che tutti i cristiani sono unti dallo Spirito ed esiste perciò un sensus fidei; e che all’interno della Chiesa nessuno può essere collocato al di sopra degli altri. Chi assume al suo interno il ministero è posto piuttosto al servizio altrui.
Ciò detto, rimane ancora molto da riflettere e da cambiare, se si vuole che la sinodalità porti i suoi frutti: sul piano della partecipazione di tutti alla vita della Chiesa e su quello della sua missione nel mondo, come richiamano due dei termini presenti nel tema enunciato. Vale dunque la pena che nel prossimo Sinodo dei vescovi ci si concentri ancora su tale tema.
Tra i diversi aspetti che potranno essere trattati se ne possono menzionare alcuni.
È anzitutto opportuno continuare a scavare sul perché profondo del fatto che il camminare insieme dei cristiani sia così decisivo per la vita della Chiesa.
Non si tratta infatti di un mero dato organizzativo: si tratta di riconoscere piuttosto che ciò deriva dal fatto che ogni cristiano è abitato dallo Spirito di Cristo e non si può pertanto ascoltare come lo Spirito ci parli se non mettendoci in uno stato di ascolto reciproco.
Ma potrebbe essere almeno altrettanto importante ribadire che la sinodalità comincia nelle Chiese locali e offrire degli elementi di riforma perché ciò diventi reale: pensando in particolare alle parrocchie; e agli organismi di partecipazione parrocchiali e diocesani, che in questi decenni hanno spesso perso il loro senso, anche a motivo di una gestione non propriamente sinodale.
Non meno importante è cogliere come una vita più sinodale delle comunità cristiane sia decisiva per una Chiesa che voglia essere missionaria anche oggi. In società sempre più complesse, infatti, solo se si può contare sull’apporto di tutti i cristiani e sulla molteplicità dei loro carismi si potranno rintracciare insieme i sentieri percorribili per trasmettere, senza superficialità, il Vangelo ai nostri contemporanei ed essere per loro dei testimoni della speranza che ci anima.
Un aspetto infine non potrà essere trascurato, specie pensando alla Chiesa che abita il mondo occidentale. La cultura partecipativa del recente passato ha spesso lasciato il posto ad una cultura contrassegnata da un forte individualismo e dalla ricerca di leader da mitizzare, in tutti i settori. Ciò può coinvolgere anche le donne e gli uomini di Chiesa. Occorre riconoscerlo: per i giovani, ad esempio, non è certo quello di una maggiore partecipazione il bisogno più sentito. Tuttavia proprio per questo, in un tale contesto culturale potrebbe rappresentare un segno fortemente profetico quello offerto da una Chiesa che si struttura e vive sinodalmente.
Un segno così importante da essere di sostegno alle nostre democrazie occidentali, così osannate ma anche così pericolosamente ammalate.