Una “grazia speciale”, “una iniezione di fiducia e di speranza per le famiglie, in modo speciale quelle dei bambini e dei ragazzi colpiti dal tumore”, un “incoraggiamento al cammino che le diocesi della Conferenza episcopale campana stanno già facendo per educare i cristiani, adulti e bambini, alla giustizia, alla pace e alla salvaguardia del Creato”, “uno stimolo alle istituzioni”: tutto questo racchiude, per il vescovo di Acerra, mons. Antonio Di Donna, la visita del Papa ad Acerra, il 24 maggio, in occasione del quinto anniversario della lettera enciclica “Laudato si’”. Al Sir il presule racconta la genesi di questa visita e il cammino delle diocesi campane per la custodia del Creato.
Eccellenza, come è nata questa visita?
Da due anni alcune diocesi campane, quella di Acerra e le altre circostanti più interessate dal dramma dell’inquinamento, stanno facendo un cammino che fa riferimento alla Laudato si’ mettendo la Chiesa in dialogo con tutte le persone di buona volontà per affrontare insieme questo tema: così è nata l’idea di riferire al Papa circa la situazione che stiamo vivendo. In particolare, il 18 aprile promuoviamo ad Acerra, con il supporto della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute della Cei, un incontro delle diocesi campane per parlare di ambiente e per rilanciare la Laudato si’, un documento profetico, più conosciuto e apprezzato nel mondo cosiddetto laico che in quello ecclesiale. Abbiamo esteso l’invito a tutti i vescovi delle diocesi italiane coinvolte nel dramma dell’inquinamento ambientale. Siamo partiti da un dato del ministero dell’Ambiente che mappa 57 siti in Italia di interesse nazionale (Sin) ai fini della bonifica: in quest’area insistono ben 70 diocesi, di cui 27 al Nord, 20 al Centro e 23 al Sud: è l’ora di finire di addossare solo al nostro territorio questo marchio di Terra dei fuochi, quando invece le Terre dei fuochi sono tante. Terra dei fuochi, infatti, non è un territorio ma un fenomeno esteso. Quindi pensavamo magari a un messaggio del Papa collegato all’evento del 18 aprile. Quando sono andato in udienza dal Papa per parlare di tutte queste cose, gli ho chiesto anche se voleva venire da noi il 18 aprile.
Ha detto subito: “Voglio venire”, ma scegliendo una data diversa: “Perché non proprio il 24 maggio, anniversario dell’enciclica?”.
Sono stato felicissimo.
Il Papa viene ad Acerra, ma quel giorno Acerra diventerà la capitale di tutte le Terre dei fuochi.
Francesco, come è solito fare, sceglie i luoghi di periferia. Acerra è una piccola città, una piccola diocesi, ma il Papa l’ha scelta come simbolo di questo problema ambientale, per un cammino comune.
Come vi preparate alla visita? E cosa si aspetta da questo appuntamento?
Non vorrei che passasse in second’ordine il fatto che viene il Papa, a prescindere dalla motivazione: per noi credenti viene il successore di Pietro a confermare la nostra fede. Poi, dato il contesto, la data e la motivazione della visita, mi aspetto che il Papa dia una forte speranza a tutta la gente che soffre.
Nella visita Francesco incontrerà i genitori dei ragazzi morti di tumore del territorio.
Nelle quattro ore che sarà ad Acerra saluterà anche i vescovi, i sacerdoti, i sindaci. Il momento centrale sarà la messa. Al Regina Coeli, oltre che nell’omelia, ricorderà i cinque anni della Laudato si’. Mi aspetto un segno che rafforzi la speranza della gente, che confermi l’impegno delle Chiese campane che camminano portando avanti i temi ambientali e che soprattutto la sua presenza e le sue parole siano un segno per le nostre comunità. Dalla visita del Papa mi aspetto anche un impulso anche alle istituzioni affinché facciano di più.
Qual è la situazione al momento nelle vostre terre sul fronte ambientale?
Alcuni passi avanti si sono fatti. Oggi abbiamo un ministro dell’Ambiente che conosce bene la nostra situazione, Sergio Costa, che ha fatto molto quando era qui come generale della Forestale. Anche la Regione Campania si sforza di fare, ma ancora non è sufficiente rispetto a quello di cui ci sarebbe bisogno: ci sono le bonifiche da fare, c’è la questione dell’aria inquinata dalle polveri sottili, i roghi tossici. Per noi ad Acerra si aggiunge il problema dell’inceneritore. Noi continuiamo a chiedere che sia più controllato. Soprattutto non è giusto che Acerra porti da sola questo peso, unica città per tutta la Campania: bisogna distribuire in maniera più equa il problema dei rifiuti, non sia sempre lo stesso territorio a dover pagare per tutti. Da anni io chiedo una moratoria, cioè che ci sia un tempo tra i 10 e i 20 anni in cui il nostro territorio, che è già saturo, sia blindato e non vengano dislocate qui altre aziende inquinanti. Dietro, a mio avviso, invece temo ci sia un teorema: “Questo territorio è già inquinato, rimaniamo qua, non andiamo a inquinare altrove”. Ma questo non è giusto.
A gennaio c’è stato un incontro delle diocesi campane coinvolte nel cammino per la cura del Creato…
Ora il cammino si sta allargando gradualmente e spontaneamente, ora le diocesi sono almeno 11. Nell’appuntamento di Teano ci siamo ritrovati noi vescovi delle diocesi interessate e circa 400 sacerdoti. Noi pastori avevamo avuto la sensazione che ci fosse stato un affievolimento della dimensione profetica nella predicazione dei nostri sacerdoti, noi li abbiamo convocati per mettere in risalto che la cura del Creato invece è un tema centrale. I nostri sacerdoti ci hanno sorpreso per partecipazione, interventi. Si vede che sentono il dramma, si fanno interpreti della loro gente. L’educazione ambientale e l custodia del Creato devono entrare nella pastorale ordinaria, cioè nella predicazione dei sacerdoti, nella catechesi dei ragazzi. Se i temi non sono veicolati attraverso questa strada, non passano e restano una preoccupazione di alcuni soltanto. Per questo, Teano segna una tappa importante, perché non è il cammino solo dei vescovi, ma anche dei loro preti. La Chiesa, poi, cammina e chiede un dialogo alle istituzioni perché non restino indietro:
da questo dramma non si esce se non insieme, istituzioni e popolo. La Chiesa è disposta a fare la sua parte.
Ho l’impressione, però, che le istituzioni certe volte siano più lente, fanno degli sforzi, ma ci vuole ancora tanto.