“C’è una grande domanda tra gli uomini e le donne del nostro tempo: trovare le parole e la maniera di pregare. Eppure nella vita, la gente prova fatica a pregare e si sente spesso come di fronte a un grande silenzio”. Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, parte da questo paradosso – del tutto controcorrente rispetto al “mainstream” che tende a ignorare temi come questi, relegandoli ai titoli di coda o contestandoli in nome di una società votata al frastuono incalzante dei “personal media” – per spiegare nel che “tutto nasce dalla parola: la parola (anche povera) di chi prega come chiedesse a un amico o a un padre, ma pure dalla parola di Dio che viene rivolta a ciascuno”. Nel suo ultimo libro, dal titolo “La preghiera, la parola, il volto” (San Paolo Edizioni), l’autore osserva che il mondo della preghiera “non ha un linguaggio simile a quello della comunicazione quotidiana con risposte rapide”, ma non per questo è “un mondo vuoto, anche se è popolato da silenzi”. Ad insegnarcelo è la Bibbia, punto di partenza (e di arrivo) imprescindibile per chi voglia davvero imparare a pregare. Papa Francesco non si stanca di ricordarcelo, e proprio alla Parola di Dio ha scelto di dedicare una apposita Domenica di festa, che tutta la Chiesa celebrerà per la prima volta domenica prossima. “Il dono della Parola, riscoperto come popolo con il Vaticano II, va vissuto ogni giorno e celebrato con una festa”, gli fa eco Riccardi, secondo il quale
“la preghiera cristiana, per secoli, si è purtroppo impoverita per l’assenza di familiarità con la Bibbia”, che spesso “rischia di essere ridotta a un insegnamento religioso o a una esortazione morale”.
Un mondo senza cuore. La paura del silenzio è la paura di ritrovarsi con sé stessi, si legge nel volume: la Parola, invece, ”suscita e risuscita il cuore. Lo trafigge. Lo fa ardere. È un’esperienza speciale, in un mondo senza cuore. La Parola suscita e risuscita il cuore, centro vitale dell’uomo e della donna. Forse in modo ancora confuso, si comincia ad ascoltare la voce di Gesù. Si misurano la distanza, l’ignoranza, la povertà. Ma nasce la convinzione che c’è una risposta alla domanda del cuore: un dono nella miseria della propria vita. È la scoperta del valore della Parola”.
L’egolatria e l’ascolto. “Chi respinge la madre delle passioni, che è l’amore per sé, con l’aiuto di Dio allontana facilmente anche le altre, come l’ira, la tristezza, il rancore e il resto. Chi invece è dominato dalla prima passione, è ferito dalle altre, anche senza volerlo”. È una frase di San Massimo il Confessore, citata da Riccardi, che ha una profonda assonanza con quella che il Papa, con un neologismo da lui coniato, definisce “egolatria”. L’ascolto della Parola, invece, comincia a spezzare il proprio io, perché allontana dall’amore per se stessi: “Più ci si àncora alle sue parole più ci si distacca dalle passioni, dal proprio modo di fare passionale, dai risentimenti.
“La preghiera è lotta. È lotta contro se stessi, quando non si vuole e non si sa pregare. È una battaglia contro le proprie catene, contro le resistenze del male. La comunità dei primi discepoli pregava per la liberazione da ogni male con perseveranza e insistenza”.
È un impegno chiesto ai cristiani anche oggi, sottolinea Riccardi: “È un modo efficace di lottare per la Chiesa e sostenerla nella difficoltà”. E’ questa, sosteneva Giorgio La Pira, “la forza storica della preghiera”.