“Essere sensibili ai tanti naufraghi della storia che approdano esausti sulle nostre coste, perché anche noi sappiamo accoglierli con quell’amore fraterno che viene dall’incontro con Gesù”. È l’invito con cui si è conclusa la prima udienza generale del 2020 di Papa Francesco, dedicata al naufragio di san Paolo a Malta, durante il viaggio da Cesarea verso Roma, narrato nella parte finale degli Atti degli Apostoli. “È questo che salva dal gelo dell’indifferenza e della disumanità”, ha affermato Francesco. “Chiediamo oggi al Signore di aiutarci a vivere ogni prova sostenuti dall’energia della fede”, l’appello finale della catechesi, pronunciata in Aula Paolo VI davanti a 7mila persone. A sorpresa, sul palco, l’esibizione del Circo “Aqua”.
Durante i saluti che come di consueto scandiscono la seconda parte dell’appuntamento del mercoledì, il Papa salutando i pellegrini di lingua araba si è rivolto, in particolare, ai pellegrini provenienti dall’Iraq, dal Libano, dalla Siria e dal Medio Oriente.
“Nei momenti più tristi della nostra vita, nei momenti più angoscianti e di prova non dobbiamo avere paura”,
le parole con cui è sembrato riferirsi indirettamente alla crisi tra Usa e Iran, che in queste ore sta registrando una escalation di portata ben più ampia.
“Sono vicino al popolo dell’Australia”,
ha assicurato inoltre Francesco riferendosi al “momento difficile” che sta attraversando il continente, devastato dagli incendi. Durante i saluti ai fedeli di lingua italiana, Francesco ha chiesto ancora una volta di informarsi sulla data del proprio battesimo, in vista della festa liturgica di domenica prossima.
“Leggete il libro Atti degli Apostoli e vedrete come il Vangelo, con la forza dello Spirito Santo, arriva a tutti i popoli, si fa universale”.
Il Papa ha cominciato l’udienza con questo invito a braccio, riprendendo il ciclo di catechesi sul libro degli Atti degli Apostoli, che nella parte finale racconta che il Vangelo prosegue la sua corsa non solo per terra ma per mare, su una nave che conduce Paolo prigioniero da Cesarea verso Roma, nel cuore dell’Impero, perché si realizzi la parola del Risorto: “Di me sarete testimoni fino ai confini della terra”. Quando l’equipaggio perde il controllo e lascia andare la nave alla deriva, Paolo da uomo di fede “sa che anche quel ‘pericolo di morte’ non può separarlo dall’amore di Cristo e dall’incarico che ha ricevuto. Anche nella prova, non cessa di essere custode della vita degli altri e animatore della loro speranza”. Il disegno che guida Paolo verso Roma, così, “mette in salvo non solo l’Apostolo, ma anche i suoi compagni di viaggio, e il naufragio, da situazione di disgrazia, si muta in opportunità provvidenziale per l’annuncio del Vangelo”.
“Un cristiano ‘provato’ può farsi di certo più vicino a chi soffre, perché sa cos’è la sofferenza, e rendere il suo cuore aperto e sensibile alla solidarietà verso gli altri”.
Ne è convinto il Papa, che definisce il soggiorno a Malta di san Paolo un’ occasione propizia per “esercitare un ministero di compassione nella guarigione dei malati”. “Questa è una legge del Vangelo”, commenta Francesco: “Quando un credente fa esperienza della salvezza non la trattiene per sé, ma la mette in circolo”. “I maltesi sono bravi, sono miti, sono accoglienti”, dice a braccio a proposito della “premurosa accoglienza” degli abitanti di Malta dopo il naufragio della nave con a bordo san Paolo, che viene morso da una vipera ma “non subisce alcun danno e viene scambiato addirittura per una divinità”. “Dice la storia che da quel momento non ci sono più vipere in Malta”, il commento fuori testo di Francesco: “È la benedizione di Dio all’accoglienza di questo popolo tanto buono”.