Settimana nazionale Assisi

Famiglia. Don Gentili (Cei): “Accogliere la rivoluzione della tenerezza e allenare il cuore al perdono”

Una santità concreta, impastata di fragilità e fatica, ma non per questo meno preziosa. E’ l’orizzonte all’interno del quale gli sposi sono chiamati a vivere il Vangelo del matrimonio. Domani si apre ad Assisi la XXI Settimana nazionale sulla spiritualità coniugale e familiare. Don Paolo Gentili: partire dalla “rivoluzione della tenerezza” e “allenare i muscoli del cuore nel perdono”  

foto SIR/Marco Calvarese

“Nei flutti della post-modernità, la tenerezza sponsale resta il grembo del quale la comunità cristiana è chiamata a prendersi cura, per accompagnare i suoi germogli alla statura adulta”. Parte dalla “rivoluzione della tenerezza” auspicata da Papa Francesco nell’ Evangelii Gaudium, don Paolo Gentili, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della famiglia della Cei, anticipando al Sir alcuni spunti di riflessione sulla XXI Settimana nazionale di studi sulla spiritualità coniugale e familiare che si apre domani 25 aprile ad Assisi (fino a domenica 28) sul tema “Gaudete et exsultate nell’Amoris laetitia: vie di santità coniugale e familiare”. Nell’esortazione apostolica, infatti, il Pontefice afferma: “Il Figlio di Dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza” ed è “partecipando a questa rivoluzione”, assicura Gentili, che “in un lavoro artigianale di ricostruzione quotidiana dell’amore, marito e moglie possono vivere la Gaudete et exsultate nell’Amoris laetitia. L’orizzonte è quello di

una santità concreta, impastata con la fragilità umana e la complessità dei ritmi moderni,

e proprio per questo, profumata della novità del Vangelo”. Francesco, sottolinea ancora Gentili, “scrollandosi di dosso secoli di storia che hanno contrapposto verginità e matrimonio, addomestica le nostre paure verso la carne” ricordando in Amoris laetitia che “Dio stesso ha creato la sessualità, che è un regalo meraviglioso per le sue creature”. In tale contesto, afferma il Papa, “l’erotismo appare come manifestazione specificamente umana della sessualità. In esso si può ritrovare il significato sponsale del corpo e l’autentica dignità del dono”. Qui, annota il responsabile dell’Ufficio Cei, “si avverte tutta la forza delle catechesi sull’amore umano di San Giovanni Paolo II sulla sacramentalità del corpo”. E se oggi “siamo in un contesto culturale dove spesso il corpo è banalizzato nel suo significato più profondo”, la spiritualità, “nella logica dell’incarnazione, è tanto più alta quanto più concreta e espressa nel dono del corpo”.

Don Gentili si sofferma sulle difficoltà e le fatiche della vita di coppia tra figli da crescere, lavoro, quotidianità, e mette in guardia dal “logorio” che “in molti casi” finisce per silenziarla. Ma guai ad accontentarsi di essere “genitori efficienti”; l’amore va sempre coltivato: “richiede accompagnamento e cura quotidiana”. Per questo, nel corso dell’incontro, si rifletterà su come

“andare oltre le interruzioni dell’amore, allenando i muscoli del cuore nel perdono da vivere tutti i giorni”.

Pierluigi Proietti, che con la moglie Gabriella costituisce la coppia di sposi collaboratori dell’Ufficio Cei, invita a “stare con i piedi per terra” e a contrapporre alla “cultura del provvisorio e alla fragilità dei legami l’audacia di un progetto di vita”. La moglie Gabriella spiega che in famiglia occorre prendersi cura l’uno dell’altro, “essere disposti nella coppia a crescere e a far crescere l’altro; con i figli a dare la libertà e il permesso di essere se stessi e di fiorire secondo i propri talenti e le proprie vocazioni”. Ma occorre inoltre “vivere il matrimonio da alleati contro un comune nemico: la discomunione sempre in agguato, complici nel bene, e non in competizione l’uno con l’altro”. E ancora, farsi carico dell’altro, “soprattutto delle sue fragilità, accogliendole e zappettandole amorevolmente giorno per giorno, senza essere passivi nel subire né frettolosi e pretenziosi nell’esigere”. Infine

“mollare l’osso: chiedere perdono e perdonarsi ogni giorno settanta volte sette”.

Dunque la comunione familiare può essere “un cammino di santificazione”? Sì, rispondono i coniugi Proietti, a condizione che sia “un cammino verso la piena umanizzazione” nel quale

santità non è sinonimo di masochismo ma di beatitudine, ossia di felicità.

Una “santità della porta accanto, dell’ordinario”, che “non fa notizia come quella straordinaria dei grandi santi, ma può spostare ugualmente le montagne e sgretolare la ‘durezza del cuore’ che tutti abbiamo”. E se la famiglia è “in continua conversione e lavoro su di sé, in un vero cammino di santificazione, cioè di progresso quotidiano verso una maggiore pienezza e felicità di tutti i suoi membri, nella consapevolezza che non si arriva mai alla perfezione ma, all’interno dei limiti di tutti, si può crescere”, finisce per essere attrattiva, assicura ancora Gabriella. “Quando le nostre coppie rifioriscono – racconta -, altre coppie si avvicinano e chiedono ‘ma cosa è successo? Siete cambiati…come avete fatto?… Possiamo venire anche noi?’”. “Quella fioritura – conclude – è il loro cammino di santificazione, è il Vangelo del matrimonio che sparge semi di evangelizzazione”.