Fede

Quale familiarità abbiamo con la Parola di Dio?

La Parola ascoltata, meditata, contemplata aspetta di prendere forma nella nostra esistenza: ci invia sulle strade degli uomini e delle donne di oggi, per essere loro compagni di viaggio nella ricerca dei segni di speranza già presenti nella storia

L’invito di Papa Francesco a dedicare una domenica interamente alla Parola di Dio, è un’opportunità che ci consente di verificare la profondità del nostro contatto con la Scrittura che ci interpella costantemente. Quale familiarità abbiamo con la Parola? Dopo tanti anni dal Concilio, la consideriamo ancora oggi appannaggio di pochi o molte volte solo oggetto di studio? In che modo, attraverso l’ascolto orante, diveniamo consapevoli dell’importanza della centralità della Parola che attende di incarnarsi nella nostra vita? Come ci educa a rinnovare l’incontro personale e comunitario con Gesù Cristo vivente che ci manda ad incontrare, con percorsi inediti, gli uomini e le donne di oggi?

Dio che parla nella profondità dell’esistenza di ciascuno, chiama nel silenzio, nutre nell’ascolto, invia nell’amore. Chiede di incarnare la sua Parola nell’attimo presente, rendendo tangibili i valori umani. L’ascolto di Dio ci rende profeti capaci di denunciare i soprusi verso i più deboli e di costruire con ogni altro un mondo di comunione. Assimilando la Parola, scopriamo la bellezza delle relazioni vissute nel rispetto, nella gratitudine, nel perdono, nella misericordia e nella pace.

Giorno dopo giorno rinnoviamo nella palestra dell’amore trinitario il nostro sì a Dio, in una forma di vita che ricalca le orme (cfr. 1Pt 2,21) e i sentimenti (cfr. Fil 2,5) di Gesù Cristo. In ascolto del Signore che parla nella storia, impariamo a vivere di fede alla presenza di Dio nel quotidiano, alla ricerca del volto dei fratelli e delle sorelle del nostro tempo che talvolta faticano ad aprirsi al senso del Mistero.

La Parola ci aiuta ad alzare lo sguardo verso orizzonti vasti, per cercare l’infinito insito nell’umanità.

Guardando la vita con fede, scopriamo che le creature non hanno valore solo perché utili o funzionali, ma perché nell’armonia del creato tutti siamo chiamati ad aprirci sinfonicamente alla contemplazione di Dio.
Che cosa rende viva la nostra vita di cristiani? Qual è la relazione fondante che determina la nostra esistenza? Che cosa comunichiamo con il nostro esserci laddove viviamo: le idee, i progetti, le aspirazioni, i bisogni individuali oppure la nostra vita fondata nel Vangelo? Quando, attraverso lo Spirito, la Parola ci aiuta a mandare all’aria un modo di essere, che non dice più nulla né a se stessi né agli altri, allora ci ricrea, ci forma, ci modella, ci libera, ci ridona il cuore di carne.

Il questo mondo frammentato, costellato di “monadi”, spesso corrono individui in balia del tempo a volte svuotato o privo di un senso: sembra che siano privi di desideri e non cercano più, non sempre capaci di processi di unificazione ad intra e di unità ad extra. È forse urgente la presenza di testimoni che, attraverso la Parola, divengono nella storia il riflesso dell’incontro vivo con Gesù Cristo?

La vita personale e comunitaria decolla se fondata sulla Parola che apre alla condivisione del cammino di fede e forma alle relazioni evangeliche.

Da qui il coraggio profetico che permette di denunciare, con la non violenza, le ingiustizie che deturpano l’umanità e il creato, e fa scoprire i poveri da servire. Lasciandoci forgiare quotidianamente dalla Parola e dall’Eucaristia, nonostante la fragilità sperimentata come tutti gli esseri viventi, ci laviamo i piedi gli uni gli altri (cfr. Gv 13,15) sull’esempio di Gesù senza spettacolarità.

La Parola ascoltata, meditata, contemplata aspetta di prendere forma nella nostra esistenza: ci invia sulle strade degli uomini e delle donne di oggi, per essere loro compagni di viaggio nella ricerca dei segni di speranza già presenti nella storia.

(*) abbadessa monastero Clarisse Otranto