“Con i fratelli delle Chiese non cattoliche sentiamo la ferita di non poterci ancora sedere all’unica mensa eucaristica, ma dall’altro ci scopriamo eredi come Chiese orientali di tesori comuni, molto spesso di medesimi testi per celebrare le diverse liturgie. Per questo comprendiamo anche come siano da evitare solitarie fughe in avanti inseguendo riforme che non tengano conto del patrimonio condiviso con le Chiese ortodosse ed ortodosse orientali”. Lo ha detto il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, aprendo oggi i lavori del convegno sul XXV anniversario della Istruzione “Il Padre incomprensibile”, per l’applicazione delle prescrizioni liturgiche del Cceo, Codice dei canoni delle Chiese orientali, e quelli della plenaria dei capi e padri delle diverse Chiese orientali cattoliche. Nel suo saluto il prefetto – rileggendo il punto n. 10 dell’Istruzione (datata 1996), dove si richiamano, da un lato, “il pericolo della perdita dell’identità orientale” davanti alle grandi migrazioni dei cristiani orientali verso “terre ritenute più ospitali, di prevalente tradizione latina” e, dall’altro, la necessità, per le Chiese di accoglienza, di conservare “il patrimonio proprio degli oOrientali che vi si stabiliscono, perché mirabilmente esprime la ricchezza variopinta della Chiesa di Cristo” – ha posto in evidenza l’attualità di tale affermazione alla luce della seconda guerra del Golfo, le cosiddette primavere arabe, la guerra in Siria, il Daesh, la situazione di Eritrea e di Etiopia ora aggravate dal conflitto nel Tigray, oltre a quanto accaduto e ancora oggetto di preoccupazione nell’Europa Orientale. “Si tratta – ha precisato il card. Sandri – di una responsabilità anche liturgica dei pastori latini, che di fronte ai numerosi migranti nei loro Paesi per esempio dalle regioni del Medio Oriente non possono limitarsi a garantire una ‘generica messa in lingua araba’; ma una responsabilità dei capi e dei padri delle Chiese orientali, che non possono e non devono inseguire una assuefazione ad una forma celebrativa come quella latina, come se essa pur maggioritaria fosse l’unico modello di riduzione cui tendere”. A dare ulteriore rilevanza al convegno è stata la relazione di apertura affidata all’arcivescovo Job di Telmessos, rappresentante del patriarca Bartolomeo.