Solo lo 0,5% della popolazione in età lavorativa in Italia ha il dottorato di ricerca, contro l’1,2 della media dell’Unione europea. Anche gli iscritti al dottorato sono assai meno che nella media dell’Ue: lo 0,14% contro lo 0,28%. “È necessario aumentare il numero di coloro che conseguono il titolo di dottore di ricerca, circa 10 mila studenti l’anno, con migliori prospettive, per compiere un salto nella specializzazione tecnologica e produttiva verso settori e industrie a più elevato contenuto di conoscenza”A farlo notare à la terza edizione della “Relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia. Analisi e dati di politica della scienza e della tecnologia”, presentata oggi a Roma dal Cnr.
Il tasso di occupazione dei dottori di ricerca è pari al 93,5%, ma meno della metà ritiene di sfruttare pienamente le conoscenze acquisite nel mercato del lavoro. La quota che trova impiego nel settore privato è inferiore al 10% nell’industria e dell’8% nelle attività professionali, scientifiche e tecniche. In Italia si trovano raramente dottori di ricerca nel settore industriale, si legge ancora nella relazione.
– Per aumentare lo sbocco professionale dei dottori di ricerca nell’industria, è stata introdotta una nuova tipologia, il dottorato industriale. Per promuoverlo Confindustria e Cnr hanno elaborato progetti per borse in cui ricerca e impresa siano protagonisti del processo finalizzato alle esigenze delle imprese. I primi esperimenti sembrano fornire segnali incoraggianti.
La quota di donne è cresciuta e rappresenta più della metà dei dottori di ricerca. Si riscontra tuttavia una polarizzazione, gli uomini coprono il 60% dei posti nelle Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e le donne il 58% nelle altre materie. Si riscontra inoltre un gap salariale pari a circa 312 euro mensili in Italia e 209 all’estero, che esplode nelle scienze mediche, dove gli uomini, dopo 4-6 anni dal conseguimento del titolo, guadagnano addirittura 704 euro in più delle donne.