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Mediterraneo culla di vita, di scambi culturali, economici e di idee. Una cerniera che storicamente ha unito e collegato Paesi di tradizioni e fedi diverse ma che oggi ha assunto la forma di muro invalicabile e di teatro di migrazioni, guerre e conflitti che si consumano nel silenzio internazionale. A questa deriva si oppone l’“Opera Segno”, frutto concreto dell’Incontro “Mediterraneo, frontiera di pace” (febbraio 2020) che vide riunirsi a Bari i vescovi di 19 Paesi affacciati sul Mare Nostrum. In quella occasione venne presentato il progetto “Mediterranneo frontiera di pace, educazione e riconciliazione” sviluppato da Caritas italiana con il supporto della Associazione Rondine Cittadella della Pace. Un progetto di formazione alla pace e al dialogo rivolto ai giovani delle aree di conflitto del Mediterraneo (Algeria, Bosnia Erzegovina, Libano, Palestina, Siria) e che ora torna a far parlare di se anche al “Mediterraneo, frontiera di pace”, edizione numero 2, che si svolgerà a Firenze, dal 23 al 27 febbraio. Il Sir ha parlato con alcuni dei giovani che stanno portando avanti nei loro Paesi l’Opera Segno.
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Da sin. Majdi, Daisy e Amira, i Giovani dell’Opera Segno di Rondine (Foto Rondine cittadella della Pace)
Libano. “I grandi cambiamenti si ottengono attraverso piccoli progressi. Incontri come quelli di Bari e Firenze, hanno il merito di gettare luce sui nostri problemi e sugli sforzi messi in campo per promuovere la pace nei nostri paesi”. Daisy El Hajje, libanese, è impegnata all’interno dell’Opera Segno con un progetto contro la corruzione nel suo Paese piombato in una profonda crisi economica e finanziaria, aggravata da un perdurante stallo politico. La corruzione è aumentata esponenzialmente negli ultimi vent’anni contribuendo a generare instabilità e povertà diffuse. Daisy, in sinergia con l’Università libanese Notre Dame, intende creare una piattaforma digitale che possa essere una guida per gli utenti, ma anche un’area “corruption free” dove segnalare i casi di corruzione e trovare informazioni sugli strumenti di tutela. “La corruzione – spiega al Sir – è nemica della libertà, della pace e della prosperità. Per questo motivo è urgente educare i giovani libanesi a combatterla. Nel mio paese abbiamo strumenti legali minimi, ma bisogna renderli accessibili e comprensibili ai giovani.
Quanto sta accadendo in Libano è anche colpa della corruzione.
Stiamo lottando per un sistema giusto, per la protezione dei nostri diritti e per vivere dignitosamente nel nostro Paese”. E poi una presa di coscienza: “Sebbene sia finita quasi 30 anni fa, la guerra è ancora viva nella mente di molti. La mia generazione patisce ancora i danni del conflitto, e parlo dell’odio, della rabbia e della paura che coviamo dentro. Ma non dobbiamo arrenderci e lottare con le armi della legalità per ricostruire una società libera e giusta”.
Algeria. Dall’incontro di Firenze Amira Kalem, algerina, si attende “la condivisione di nuove idee. Sono convinta – afferma al Sir – che questi eventi possano incidere anche sul piano politico e civile perché stimolano la cultura del dialogo e il rafforzamento delle relazioni tra i diversi paesi del Mediterraneo che condividono la volontà di costruire società più inclusive”. Con la sua collega Rawya Zamouchi, Amira, all’interno dell’Opera Segno, lavora al progetto “Osons vivre ensemble” (Proviamo a vivere insieme), rivolto a sostenere l’integrazione delle persone con disabilità all’interno delle famiglie e della società, favorendo l’inclusione nei diversi settori (scolastico, professionale, sportivo, culturale, sociale). L’obiettivo principale, dice, “è il raggiungimento di un cambiamento di visione sulla disabilità”. Concretamente Amira e Rawya, con l’aiuto di Caritas Algeria, Association Cham’s pour les Arts Thérapeutiques, stanno realizzando una rete tra le varie associazioni, ong, fondazioni pubbliche e private, per aumentare la sensibilizzazione e l’impatto sociale sul tema della disabilità in diverse città del paese. Attraverso un programma di giornate di informazione e sensibilizzazione e di incontri con professionisti, ci si avvale anche delle testimonianze dei genitori con figli disabili. Purtroppo il Covid-19 ha rallentato l’azione che adesso dovrebbe riprendere quota. “Inclusione è una delle parole che maggiormente risuona quando si parla di cittadinanza e diritti: ‘Osons vivre ensemble’ è un progetto che mira all’integrazione delle persone con disabilità in Algeria”. Dice Amira:
“Penso che aumentare la consapevolezza sull’accettazione della differenza, qualunque essa sia, sia un punto importante per iniziare a sostenere la coesione sociale nei nostri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo”.
Palestina. Integrare e educare basandosi sul gioco e lo sport è invece l’obiettivo del progetto “Educazione e sport”, pensato da Majdi Abdallah, palestinese, con il supporto dell’Almutran Sports Club, del Patriarcato Latino di Gerusalemme e della parrocchia di Zababdeh. Inserito nell’Opera Segno di Bari 2020, il progetto coinvolge 96 bambini e 4 allenatori.
Ogni sessione di allenamento ha un obiettivo di abilità sociale in aggiunta a quello sportivo e ludico; le attività terminano con un cerchio di riflessione sul risvolto pratico e quotidiano delle abilità utilizzate nel gioco stesso. L’insegnante incoraggia l’apprendimento e la ricerca nei bambini attraverso interazioni che mirano ad estendere il loro pensiero a livelli più alti. A sostenere il progetto anche la Fondazione del Real Madrid e la Lega calcio norvegese. “Viviamo in una area di conflitto – sottolinea Majdi – e gli esiti delle guerre precedenti ci esortano a lavorare affinché non ne scoppino altre perché i risultati sono sempre devastanti.
I bambini con cui lavoriamo vivono privi di molti diritti fondamentali, uno su tutti, quello alla mobilità. I piccoli sono spesso traumatizzati da immagini di morte e di distruzione viste in Tv o sui social.
Quindi il nostro obiettivo è creare un ambiente disteso e divertente attraverso l’educazione sportiva, insegnando valori come rispetto, tolleranza e amore e abilità preziose come la gestione del tempo, la leadership e la risoluzione dei conflitti personali attraverso il gioco. Da Firenze – conclude – mi aspetto un rilancio dell’impegno per l’Opera Segno che vorrebbe dire puntare ancora sui giovani e sulle loro capacità di crescita personale e relazionale”.