Durante la tavola rotonda nell’ambito del convegno Bachelet oggi a Roma, chi ha parlato della cura all’interno dell’ambito scolastico è Valentina Soncini, dirigente scolastico di un istituto professionale nella zona di Monza e Brianza. “Senza una relazione significativa – dice – con il docente i ragazzi ti ‘disfano’. Lo abbiamo visto durante il periodo della Dad”. Anche sull’identità di genere, i ragazzi rimandano a domande nuove. “Il contesto della scuola – spiega – favorisce le occasioni di confronto. In un periodo di cambiamento, c’è bisogno di un mondo che si muova. La scuola non si può addossare innumerevoli compiti, ci vuole una rete di responsabilità educative. La crisi ci ha obbligato a dialogare e dovremmo continuare per costruire canali di scambio per indirizzare i ragazzi quando hanno bisogno di ‘altro’ rispetto al docente o alla scuola”. Dell’esperienza della violenza, perpetrata o subita, ha parlato invece Silvia Landra, psichiatra. “La violenza sulle donne la leggiamo come la negazione della cura”. Landra ha raccontato la sua esperienza professionale in carcere: “mi colpisce – afferma – che la quantità di violenza di tipo fisico e sessuale sia quasi indicibile. Mi chiedo quale sia il limite. Prima della pandemia ho iniziato a lavorare nel settore femminile di San Vittore, solo quattro non hanno subito violenza”. La psichiatra ricorda anche la voce degli uomini che hanno ucciso le compagne: “Sono persone prostrate ma dall’analisi emerge che la relazione con l’altra fosse basata sulla svalutazione. Gran parte della violenza riguarda relazioni in bilico fra amore e possesso”. Secondo la specialista, infine, c’è un problema più grande che riguarda la società: “Siamo un contesto sociale in cui non c’è ascolto, ci parliamo sopra. C’è da ascoltarsi molto di più”.