“La pandemia ha dato prova inconfutabile di una situazione di diseguaglianza preesistente. È un processo che dura decenni. Ciò si manifesta nel fatto che dal 1995 l’1% più ricco del mondo ha accumulato 20 volte più ricchezza della metà più povera dell’umanità”. La conseguenza è che “con queste cifre assistiamo a una frattura della società difficile da risolvere”, davvero “le disuguaglianze uccidono”. Ad affermarlo, nel suo messaggio settimanale, è il segretario generale del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam), mons. Jorge Eduardo Lozano, arcivescovo di San Juan de Cuyo (Argentina). Il presule si riferisce al recente studio pubblicato da Oxfam, che mostra l’arricchimento delle persone più ricche anche durante il periodo della pandemia.
Secondo l’arcivescovo di San Juan de Cuyo, “riconosciamo tutti che la pandemia ha causato una crisi economica di grandi proporzioni”, ricordando che “in America Latina ha comportato una battuta d’arresto di quasi il 10% in media nella qualità della vita dei popolazione”. Questo ha provocato diverse conseguenze, anche per la gente comune, come “rinviare un viaggio, un trasloco, una riparazione a casa”. Ma “per molti la conseguenza è stata quella scendere al di sotto della soglia di povertà e aver bisogno di assistenza alimentare, o il deterioramento della salute, o l’involuzione nel processo educativo. Un deficit che si aggrava”.
Di fronte all’aumento della povertà per il 99% della popolazione mondiale, a seguito della pandemia, mons. Lozano denuncia che “non sono mancati coloro che si sono arricchiti scandalosamente, le 10 persone più ricche del mondo hanno raddoppiato la loro ricchezza!”. Inaccettabile che “quello che è un disastro economico, affettivo, lavorativo, sanitario, educativo globale sia un’opportunità per fare affari e rafforzare un’avidità insaziabile”.