Irlanda: anniversario del Bloody Sunday. Mons. Martin (presidente vescovi), “la pace può fiorire solo alla luce della verità e della giustizia”

“Se vogliamo unire i cuori e le menti e alimentare una genuina speranza di pace e riconciliazione durature in Irlanda, allora dobbiamo lavorare insieme per risanare l’eredità del nostro passato, perché la pace può fiorire solo alla luce della conoscenza, della verità e della giustizia”. A chiedere verità e giustizia è stato l’arcivescovo Eamon Martin, presidente dei vescovi cattolici di Irlanda, nell’omelia pronunciata ieri mattina alla messa celebrata nella cattedrale di Saint Eugene a Derry nel 50° anniversario del Bloody Sunday, la Domenica di sangue. La strage avvenne il 30 gennaio 1972 a Derry, in Irlanda del Nord, durante una marcia di protesta organizzata dalla Northern Ireland Civil Rights Association (Nicra). Soldati britannici spararono contro una folla disarmata, colpendo 26 civili. Furono quattordici le vittime: tredici morirono sul colpo, la quattordicesima solo quattro mesi più tardi a seguito delle ferite riportate. Tutti erano di religione cattolica. Cinquant’anni dopo, gli abitanti di Derry, la seconda città dell’Irlanda del Nord, hanno ricordato i loro morti. In mattinata una “Marcia del ricordo” ha riunito, tra gli altri, i parenti delle vittime per concludersi con una cerimonia al presso il monumento che rende omaggio alle vittime. Il primo ministro irlandese Micheal Martin ha deposto una corona di fiori. Una seconda marcia si è tenuta nel pomeriggio, nelle strade di Derry e si è conclusa nel luogo in cui i paracadutisti inglesi del primo battaglione avevano aperto il fuoco sui manifestanti cattolici. Nella sua omelia, l’arcivescovo Martin ha ricordato che quella strage avvenne proprio a pochi passi dalla cattedrale di Saint Eugene e che nelle ore immediatamente dopo la sparatoria, i sacerdoti che erano presenti, si sono presi cura dei feriti e dei moribondi. Molti di loro furono testimoni oculari di quanto avvenne. “La chiamarono così com’era: omicidio volontario; sparatoria indiscriminata; nessuna provocazione”. Il presidente dei vescovi cattolici ha quindi ricordato il silenzio che piombò quel pomeriggio alle 16.40 “aggravato – ha subito aggiunto – dal silenzio deliberato di governi e politici che hanno volontariamente ignorato la verità”. Seguirono anni bui di scontri e violenza tra i nazionalisti repubblicani e gli unionisti fedeli alla corona britannica, passato alla storia come “troubles”. Mons. Martin ha quindi lanciato un appello di giustizia e verità. “Molte famiglie – ha detto – soffrono ancora l’angoscia di non sapere perché o come i loro cari siano stati uccisi o feriti o puniti o presi di mira o scomparsi o diffamati o rinchiusi, o internati o banditi in altro modo. Le loro domande senza risposta persistono, come un promemoria assillante per la prossima generazione di eventi incompiuti, di un dolore che è insoddisfatto del silenzio, che non va via ma giace sotto, come una ferita non rimarginata che viene trasmessa alla generazione successiva. È difficile per loro andare avanti”. Affrontare l’eredità del nostro passato e costruire una riconciliazione significativa è complicato e delicato”, ha quindi concluso mons. Martin: “Come società, dobbiamo trovare il modo di aprirci alle verità nascoste sul nostro passato in modo che possa avvenire una corretta guarigione”.

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